La lettura di un lungo ed articolato post su Mentecritica, insieme a quanto recentemente ed ottimamente riportato qui mi hanno portato a fare delle considerazioni che si allacciano a quanto molte altre volte ho avuto modo di accennare su queste pagine. Devo dire che ho fatto abbastanza fatica a leggere lunghi ed articolati racconti dei cosiddetti “rivoluzionari”, fatica dovuta al fatto che spesso i contenuti diventano piuttosto banali e densi di inutile qualunquismo. Forse qualcuno è condivisibile ma in linea puramente teorica e…chiacchierona.
Non ci sarà nessuna rivoluzione. Né pacifica né violenta. Le rivoluzioni necessitano di tempo, spesso decenni, per maturare e gli eventi che le generano nascono sempre da menti illuminate che concorrono a diffondere l'idea di cambiamento. Cambiamento: la parola chiave. Ovvio che il rivoluzionario vero, popolano e ignorante per lo più, non ha la più pallida idea di quelle idee ma di una cosa è sicuro assaltando il palazzo d'Inverno o la Bastiglia: vuole che le cose cambino!
Quello che vedo intorno a me è che, improvvisamente -dov'erano 2 od anche 5 anni fa quando le condizioni erano le medesime?- appare dal nulla un gruppuscolo (esagero? 200.000 persone?) che sbraita e strilla chiedendo indietro quello che ha perso, ovvero la possibilità di consumare. Altro che rivoluzione anticapitalista, altro che rivoluzione contro l'euro assassino come lo definisce Salvini.
Questa che vedo qui intorno è solo la classica "rivoltina" di popolo incazzato a cui è stato tolto il pane o che si trova il prezzo della farina aumentato oltremodo: si scagliano una tantum contro il malcapitato fornaio di turno, ottengono promesse e sconti, ristabiliscono il com'era e tornano tutti a casa felici e contenti soprattutto se nel casino sono riusciti a mettersi in tasca qualche pagnotta a gratis.
Dopo tutto una delle stesse manifestanti ascoltata in TV giorni fa ha detto: ”sono tutti bravi a fare la rivoluzione da Facebook ma quando si tratta di venire a prendere freddo come me se ne restano a casa…”
Mi viene in mente una scena del film “Il marchese del grillo” –peccato non averla trovata su YouTube- che racconta i giorni della Repubblica Romana. La scena in cui Alberto Sordi che impersona un nobile della cerchia clericale e papalina è in carrozza con un giovane ufficiale francese membro dell’esercito inviato da Napoleone III a salvare il Papa. Nella corsa in carrozza cantano a squarcia gola "La Marsigliese” e Sordi afferma, amaro e sarcastico, “Senti che potenza, che forza ‘sta musica! Co’ questa sì che ce fai le rivoluzzioni! Noi c’avemo ‘viva er papa’…ma ‘ndo c’annamo co’ st’inno? Ar Divino Amore ar massimo c’annamo…”. O era “In nome del popolo sovrano”?
Ma quale rivoluzione! Ma tutto sommato è un bene perché le rivoluzioni, da sempre, vengono strumentalizzate, proseguono con epurazioni e sfoltimenti il più delle volte estremamente cruenti e non guardano in faccia nessuno. Altrimenti che rivoluzioni sarebbero?
Non vorrei concludere con amarezza ma non posso fare a meno di pensare a quando Ennio Flaiano, negli anni '70, affermava che gli italiani sono irrimediabilmente fatti per la dittatura.