sabato 20 febbraio 2021

Perseveranza

La recente missione marziana ha tirato fuori ancora una volta la folle idea che vede riservata all'umanità una via di fuga su altri pianeti.

Ovvio che le missioni come Perseverance hanno tutto il mio sostegno: le ricadute tecnologiche della ricerca scientifica a quei livelli sono sempre positive e dopo tutto la spesa, anche pubblica, per finanziare le missioni spaziali è davvero ridicola se paragonata a ben altri sprechi.

Lasciamo perdere eventuali pianeti esterni al sistema solare e ci vorrebbe un capitolo a parte per raccontare cosa davvero "vedono" da qui gli astronomi, quando annunciano di aver scoperto un pianeta "terrestre" chissà dove. Sono deduzioni e inferenze, piuttosto probabili e serie ma non pensate che abbiano fotografie di mari azzurri e sconfinate praterie. Inoltre abbiamo sì e no la tecnologia per mandare qualche sonda, e a conti fatti gli anni luce di mezzo sono così tanti che ci vorrebbe qualche secolo per scambiare messaggi (pensate alla fatica fatta dall'astronauta del film "The martian" per comunicare, con "solo" una dozzina di minuti luce da coprire!).

Va da sé quindi che Marte è da sempre l'obiettivo più prossimo oggetto di grandi attenzioni, soprattutto perché, e questo è sicuro, qualche miliardo di anni fa aveva un'atmosfera più ricca e tanta acqua. Ci sono anche alcuni satelliti di Giove e Saturno piuttosto interessanti ma Marte è nell'immaginario dell'umanità, sarà forse per via di Bradbury e del sul bellissimo "Cronache marziane"?

Marte dunque. Dopo un viaggio di mesi esposti a letali radiazioni cosmiche gli astronauti metterebbero quindi piede su un deserto rosso spazzato da tempeste di vento furiose, bombardato da meteoriti, cotto da raggi mortali, senza ossigeno né acqua.

Condurrebbero una vita d'inferno, nascosti in caverne, buchi o crepacci come insetti, oppure chiusi in cupole maleodoranti, assumendo farmaci contro il panico da isolamento: «My first look at my forever home»...casa per sempre "scrive" Perseverance.

Gli sforzi di questi astronauti sarebbero essenzialmente tesi a proteggersi, coltivando una nostalgia per la cara vecchia Terra tale da far rimpiangere persino i dibattiti politici!

Ma l'ambizione ingegneristica di "terraformare" Marte è vecchia come la voglia di arrivarci. Ci stanno lavorando e, tornando alle ricadute di prima, hai visto mai dovessero scoprire qualcosa di utile ad alleviare l'atavico problema del nostro sovrappopolato pianeta? La fame. Si sa che la serendipità è sempre in agguato.

Però in tutto questo c'è una deliberata follia umana: con quale diritto l'umanità dovrebbe trasformare Marte? Con quali norme di diritto aerospaziale? (e qui ricordo un compagno d'università che per rimorchiare le studentesse di Giurisprudenza, edificio accanto a Geologia a "La Sapienza" si spacciava per laureando in quella materia nei lontanissimi primi anni '80!).

Diritto divino come un novello Colombo a piantar bandiera in nome del pianeta Terra o di chissà quale nazione tra le solite (USA, Russia, Cina...)? Se dopo tutto l'umanità è riuscita a contenere le proprie ambizioni devastanti per l'Antartide perché Marte dovrebbe essere stravolta?

E comunque sia portare la vita su altri sistemi non è mica un obbligo, tanto meno morale e per cominciare, visto il sospetto che Marte non sia un pianeta sterile, non mi sembra il caso di andare ad alterare un eventuale ecosistema: sappiamo bene cosa l'umanità riesce a fare da millenni sradicando e sterminando flora e fauna autoctone pur di portare ciò che fa più comodo, in quel momento: un comportamento da alga infestante che colonizza un lago, ammazza tutto il resto privandolo dell'ossigeno, e va incontro a suicidio. Lo ammetto, sto esagerando, parlare di flora e fauna marziane è un tantinello eccessivo.

Ma il punto principale è che comunque, ad oggi, ci vorranno ancora diverse generazioni umane per ottenere un risultato minimo e anche qualora fossero solo 4 stiamo parlando di 100 anni; un'enormità per una specie che è affatto priva di lungimiranza e capacità di programmazione così a lungo termine, soprattutto in coloro che guidano: i politici. Figuriamoci. E' follia il solo pensarlo e già questo basterebbe a chiudere il capitolo.

E chi dovrebbe iniziare la colonizzazione? Già nelle premesse la cosa somiglia troppo a qualcosa di decisamente elitario.

Ma il gioco infine non vale la candela: senza contare quanto tempo impiegheremmo per "terraformare" Marte, l'aspettativa di vita per questo pianeta sarebbe di poco superiore a quella della Terra. Se tra un miliardo di anni la temperatura media del Sole sarà, come sappiamo essere, aumentata quanto basta per cancellare ogni traccia di vita sulla Terra, a Marte toccherà poco dopo. Tutto quello sforzo per guadagnare qualche millennio in più? E coordinato così lungamente nel tempo da chi?

Ah! Ovviamente senza dare per scontato che Homo cosiddetto Sapiens ben prima di quel miliardo di anni avrà già bell'e fatto quanto serve ad autoestinguersi.

E quindi che si fa? Di pianeta in pianeta ci si allontana per evitare l'inevitabile? E' solo un diversivo del tutto inefficace rispetto alla mortalità del destino terrestre.

Morale? Facile.

Al di fuori della Terra tutto è ostile, persino qui ci sono posti ricchissimi di vita ma completamente ostili al genere umano. Lasciamo perdere quindi e cerchiamo di tenerci e goderci più a lungo possibile questo unico, fragile, preziosissimo e bellissimo sassolino verde-azzurro a spasso per l'Universo.

Dopo tutto Treccani alla voce "perseveranza" recita così. «Costanza e fermezza nel perseguire i propri scopi o nel tener fede ai proprî propositi, nel proseguire sulla via intrapresa o nella condotta scelta».

Cambiamo condotta e cerchiamo di mantenerla!