La storia dell’umanità è costellata da conflitti e le guerre vengono risolte e decise con battaglie più o meno grandi e con vincitori e vinti: a volte il vinto attende le decisioni del vincitore ed a queste si attiene (come la Germania nel 1945) altre volte il vinto lascia al vincitore l’oggetto del contendere per evitare danni maggiori (come la Russia sconfitta dal Giappone che nel 1905 lasciò a questo la Manciuria).
Ma il conflitto che oppone arabo-palestinesi ed Israeliani è completamente diverso: le parti si affrontano da quasi un secolo in guerre e guerriglie che si succedono incessantemente. A volte sembra sopito ma ecco che di colpo si riaccende e si ha sempre l’impressione che non ha importanza chi vince o chi perde e che ognuna delle due parti stia lì semplicemente ad attendere la battaglia successiva. Questa guerra non dichiarata si sussegue implacabile e passa da una generazione all’altra, ormai la terza, dove i giovani di entrambe le parti stanno combattendo la stessa guerra dei loro nonni.
Ed a catastrofe si sussegue catastrofe con i palestinesi da un lato che vivono spesso ai limiti della sopravvivenza, dall’inferno di Gaza ai campi miserabili del Libano o della Giordania e dall’altro gli israeliani in perenne tensione mai in grado di trovare situazioni di pace.
Il resto del mondo resta a guardare preoccupato ogni volta per gli effetti di escalation in un territorio così politicamente importante in un’aerea instabile ed a ridosso immediato di territori ricchi di risorse energetiche. Resta a guardare con atteggiamenti contraddittori e prese di posizione nei confronti dell’una o dell’altra parte spesso paradossali e storicamente antitetiche nonostante la soluzione sia sotto gli occhi di tutti: stabilire due stati autonomi e sovrani.
Anche se il conflitto nasce dal trasferimento via via più ingente di ebrei che andarono in Palestina a partire dai primi del Novecento e con vere e proprie emigrazioni di massa a partire dal 1947 in punta di diritto non è possibile stabilire per questo conflitto delle ragioni più o meno plausibili che possano essere usate come giustificazioni dell’una o dell’altra parte, come quasi sempre accade per ogni conflitto.
Lo stato di Israele non nasce come atto di forza ma con una risoluzione a maggioranza delle Nazioni Unite e se è per questo non è mai esistito uno stato Palestina ma solo arabi che vivevano in un territorio vastissimo. E comunque sia lo stato di Israele è ormai un dato di fatto. Né si tratta di una disputa territoriale quale ad esempio quella rivendicata dalla Jugoslavia di Tito sull’Istria “italiana”.
D’altra parte come dar torto ai palestinesi? Pur non cacciati veramente ed addirittura invitati ad integrarsi fornendo loro la falsa promessa che avrebbero goduto di maggiori libertà hanno visto anno dopo anno ridurre il territorio a loro disposizione a causa della intensa e distruttiva colonizzazione ebrea in cerca sempre più estesi territori necessari al loro sostentamento.
Nonostante spesso le parti forti del mondo come l’ex Unione Sovietica e la Russia oggi, gli Stati Uniti o la Cina abbiamo patteggiato per l’una o l’altra parte con aiuti economici e militari concreti un altro dei paradossi che rendono impossibile la soluzione militare del conflitto sta nel fatto che queste stesse parti forniscono aiuti ma non al punto di permettere la vittoria ad una delle due parti: i loro interessi sono troppo ramificati per danneggiare direttamente anche tutti gli altri attori del teatro medio-orientale.
Nonostante questo c’è qualcosa che non posso fare a meno di pensare ogni volta che la tensione, mai sopita, da quelle parti aumenta.
Israele nacque sull’uso del terrore su larga scala, dei massacri di palestinesi, della loro spoliazione, umiliazione e vessazione oltre ogni umana decenza, sul sotterfugio e sulla menzogna. E non sto parlando degli avvenimenti contemporanei, ma di fatti accaduti 60, 80 anni fa. Il destino della parte araba era segnato, e fu segnato quarant’anni prima dell’Olocausto nazista: già ai primi del novecento infatti i palestinesi erano considerati dai padri del sionismo, e futuri fondatori di Israele, una stirpe inferiore semplicemente da accantonare ed espellere, senza diritti, senza una Storia, un non-popolo. Il piano di pulizia etnica dei palestinesi prese vita alla fine del XIX secolo e non ha mai trovato soluzione di continuità fino ad oggi, e oggi come allora viene condotto dalla parte ebraica con una crudeltà senza limiti. L’immane tragedia dello sterminio ebraico nell’Europa di Hitler diede solo un impuso a quel piano, lo rafforzò, ma non lo partorì.
Ormai da troppi decenni l’atteggiamento dei “falchi” israeliani nei confronti dei palestinesi è assimilabile a quello di qualsiasi popolo che ritenga il nemico diverso: per religione, per razza o semplicemente per tradizioni.
I conflitti inoltre, visto lo strapotere militare israeliano, sono sempre niente affatto equi. e non equo è l’uccidere decine di civili inermi, o costringerli ad abbandonare ogni loro avere (esattamente come facevano i nazisti quando rastrellavano gli ebrei) in poche decine di minuti per stanare due o tre militanti di Hamas?
A me sembra una scusa per fare ancora pulizia etnica...
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