domenica 28 settembre 2014

Teorie del caos. Il fallimento di un amico e Giulio Tremonti

157208-thumb-full-corrado_guzzanti_tremonti_spot_cPremetto che non sono tra quelli che urlavano di abolire Equitalia, che sbraitano di blitz demolitori nelle sedi dell’Agenzia delle Entrate o che inneggiano alla persecuzione e tanto meno che sciorinano le statistiche dei suicidi di imprenditori piccoli e grandi. Ma questa storia mi tocca da vicino, ed ha toccato persone a me care su cui, per quel che valga, garantisco personalmente la loro integrità morale e la loro onestà.

 

 

Difficile essere brevi, ci proverò ma spiegare come l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia riescano a mettere in ginocchio chiunque non è semplicissimo.

Ovvio che alla fine giustificare un certo tipo di reazione politica e l’aver abbracciato con fanatismo un certo tipo di movimento politico è più che comprensibile

Da questo momento è il mio amico che racconta e le opinioni espresse sono le sue, condivisibili dal sottoscritto o meno che siano.

Nel 2007 fu avviata un’attività commerciale al pubblico ed in grande stile; frutto di grandi e sostanziosi investimenti derivati dalla vendita di case e seguiti da un trasferimento di un’intera famiglia.

Appena all’inizio nel 2008 arriva la prima visita fiscale, quando non ancora obbligati né agli studi di settore né alla presentazione del primo bilancio. In quell’occasione si voleva, indebitamente, affibbiare una multa di diverse migliaia di euro perché il padre di uno dei titolari, nell’ufficio privato di questi, stava giocando al computer e perché un altro titolare stava innaffiando le piante…attività illecita in quel tipo di struttura. La multa fu sospesa. Era una prima minaccia forse?

Nel 2009 arriva la seconda visita fiscale e nel frattempo erano passati anche persone dell’Ispettorato del Lavoro e la Guardia di Finanza un paio di volte.

Questa volta arriva il verbale. 45.000 €. Motivo? Oltre a quisquilie varie veniva contestato il credito IVA perché, affermavano senza uno straccio di prova, che le attività di investimento effettuato per l’acquisto di attrezzature e macchinari vari provenisse da fondi neri e da attività in nero. La realtà è che quei fondi venivano dalle vendite immobiliari suddette e tutte con assegni la cui tracciabilità era registrata e facilmente riscontrabile. La verbalizzazione dei reati fiscali era, se non fosse stata drammatica la conseguenza, una farsa ma come noto, in Italia, l’onere della prova di innocenza è a carico dell’accusato. Bene, si fa ricorso no?

Qui arriva il bello. Per fare ricorso occorre anticipare comunque 1/3 della sanzione e pagare l’avvocato tributarista che va, sempre, a tariffa fissa: 1/10 della sanzione. L’udienza in commissione tributaria? Nel 2015 nei casi migliori.

Peccato che nel frattempo arrivano altre tre cartelle esattoriali per gli anni 2008, 2009 e 2010 per un totale di 95.000 €, tutte legate alla prima che nonostante bloccata ed in attesa della sentenza dei giudici, si gonfia a dismisura. Ricorso? Idem come sopra: 1/3 di anticipo ed 1/10 all’avvocato e aspettare un tempo indefinito. Ma anche qualora vincessi non pensiate che ci sia restituzione del maltolto nell’immediato, li tengono in conto per “futuri controlli” e se tutto va bene rivedi qualcosa nel 2025. E nel frattempo come pago gli operai? E devi pagare l’avvocato le cui spese non saranno mai rimborsate.

Esiste il patteggiamento si dirà. Il sistema sa benissimo che anche se vinci un ricorso perdi soldi. Allora, seduti a tavolino, ci si accorda sempre per una cifra inferiore alla sanzione e vicina a quanto si andrebbe a pagare anticipandolo in caso di ricorso (il famoso 1/3 + 1/10 di cui sopra). Ma tanto se patteggi e magari rateizzi dopo un paio d’anni tornano alla carica.

Il sistema ed il patteggiamento favoriscono l’evasione e gli sta bene così. Gli evasori evadono sistematicamente 100 ed ogni tanto si accordano per pagarne 20. L’Agenzia delle Entrate si ritiene soddisfatta ed Equitalia incassa percentuali sul recupero del credito.

La spada di Damocle che ci pende sulla testa dal 2008 e che nonostante questo ci ha fatto andare avanti sempre col sorriso alla fine è caduta. Risultato finale comunque è stata la chiusura dell’attività. Tutti disoccupati, imprenditori, impiegati, operai e collaboratori. Nessun suicidio.

Riprendo e concludo.

Siccome l’attività era una Srl anche il sistema se la prenderà in quel posto e non beccherà un soldo. Macchinare ed attrezzature non sono sequestrati e sono vendibili nella speranza che qualcuno voglia e possa rilevare l’attività.

Cosa c’entra Tremonti in tutto questo? Molte delle norme applicate per sanzionare questo mio amico e costringerlo a chiudere dopo quasi 10 anni di attività riconosciuta ed apprezzata in tutta la zona risalgono a provvedimenti legislativi emanati quando occupava la poltrona del MEF a via XX settembre a Roma. Quando era ministro dei governi che sbandieravano “basta tasse” ad ogni elezione salvo poi fottere in maniera bipartizan sia i propri elettori che gli altri, ignavi compresi. Non che gli altri governi abbiano tentato di fare diversamente sia chiaro.

Che lavoro fa Tremonti? Mica fa il ministro. Fa il tributarista (lo ha persino insegnato all’università!) ed è a capo di una rete di studi legali quali quelli a cui si è rivolto il mio amico. E come campano questi studi? Fatto 2+2? Basta creare un meccanismo che faccia girare soldi per una certa categoria e prima o poi, appartenendo alla medesima, quei soldi arrivano.

Nel frattempo gli evasori veri prosperano tanto al massimo, qualche condono arriva prima o poi: uno per tutti lo scudo fiscale del 2009 inventato da Berlusconi e compagnia bella. Un bel 5% di ammenda, anonimato ed impunibilità.

C’entra, c’entra.

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