Venerdì sera se n'è andato. Dopo pochi inutili mesi di lotta contro la bestia come lui stesso l'aveva soprannominata. Ancora poco più di un mese fa il nostro ultimo incontro e nei mesi precedenti, sia in diretto contatto che nelle nostre periodiche telefonate, emergevano chiarissime la sua incredibile tenacia, la forza d'animo e la serenità con la quale aveva affrontato questa cosa; dava quella strana speranza, forsanche un po' egoistica che vorrebbe le persone a noi più care sempre presenti, che lasciava aperte opzioni di speranza di sopravvivenza nonostante ogni evidenza. E altrettanto serenamente aveva disposto tra la rabbia e le lacrime dei congiunti fin dai primi momenti. Aveva chiesto un paio d'anni, non oltre, di tregua per veder completato il progetto di vita dei figli: non gli è stato concesso come una della ipotetiche probabilità di vittoria tra miliardi d'altre avverse.
C'eravamo tutti, o quasi. Giunti da tutta Italia a dare l'ultimo saluto, l'ultimo abbraccio e le ultime carezze a zio Vittorio. Lo ZIO. Come un padre per me. Vicino sempre e soprattutto in quel momento della mia vita in cui ce ne fu più bisogno che mai.
Come ho scritto poco fa la sua figura è stata per ognuno di noi un riferimento: di saggezza, di moralità, di serenità, di buon senso e di sagacia oltre che, non ultima di umorismo ed ironia. Ieri chiedevo a mia zia, amatissima zia Bice (Beatrice), di ricordare per me un suo momento d'umana perdita di pazienza, dacché nei miei ricordi non ho che una sola sua immagine che me lo ricorda davvero arrabbiato, tanto da perdere le staffe! E così per sentirlo più vivo che mai le chiedevo questo...
Un catalizzatore di umanità, un collante punto di riferimento per tutta la nostra famiglia ed a cui tutti si sono prima o poi rivolti chi per un motivo e chi per un altro. Un romantico idealista che però quando si è visto crollare i miti (o le speranze) in cui aveva riposto la sua fiducia ha potuto e voluto rivedere ogni singolo passo del suo processo fino a sradicarne completamente le origini ed avere il coraggio di cambiare opinione ed ammettere i torti dell'uno e giustificare, comprendere e condividere le ragioni dell'altro.
Un aneddoto che mi riguarda da vicino, tra i mille che lo ricordano ad ognuno. Quando avevo poco più che 19 anni ci incontrammo al mare, quell'azzurro mare pugliese che mi vide crescere. Da pochi mesi sfoggiavo orgoglioso un paio di baffi proprio come lui (me li feci comunque crescere di mia iniziativa e non per sua imitazione!). Appena mi vide cominciarono i suoi sfottò, in quel suo dialetto napoletano che lui originario di Cerignola, ostentava ed usava a tratti orgoglioso della sua napoletanità adottiva (un po' come Arbore insomma). Dopo una mezzora ch'era scomparso alla mia vista si ripresentò, senza baffi!
"Zio, ma che hai fatto? Ti sei tagliato i baffi?"
"Se li porti tu mi sembra ovvio che debba tagliarli io!!!"
Mi è stato zio, padre dispensatore di consigli e persino in una delle estati più belle della mia vita, "collega" per caso. 40 indimenticabili giorni per questo e per altri motivi.
Ero sceso da lui proprio nella speranza che attraverso le sue conoscenze al provveditorato agli studi di Benevento potessi afferrare al volo un posto da membro di commissione di maturità in una qualche scuola a seguito di una qualche rinuncia da parte dell'incaricato ufficiale. E fortuna volle accadde, ma proprio nella scuola dove insegnava! Lui membro interno del suo quinto anno dell'Istituto Tecnico Agrario dove insegnava ed io membro esterno di Industrie Agrarie: non pensate all'inciucio tra noi a favorire questo o quello, ve ne prego! Ovviamente il diverso cognome ci impedì qualche impiccio d'ordine legale! Quanta fatica per me l'impormi di non farmi scappare un qualche "zio..." per chiamarlo di fronte ad altri! E quante gaffe involontarie nei balbettamenti che iniziavano con "z..." per passare a "prof..." e finire in un conviviale "Vittò!!!"...
Anche mia moglie gli ha voluto bene fin dall'inizio. In lui vedeva e trovava oltre che l'uomo dolcissimo ed affettuoso anche il collega insegnante più anziano ed esperto, con gli stessi problemi e necessità, con una profonda conoscenza della normativa anche quando poi egli andò in pensione.
La sua passione per la campagna e l'agraria, trasmessami da lui e dalle bellissime estati passate alla scuola agraria dove insegnava, al punto da voler scegliere in prima battuta proprio quella facoltà (geologia fu scelta sia per maggior interesse da parte mia che per via del fatto che allora i miei non avrebbero potuto sostenere le spese di trasferta per farmi studiare agraria a Napoli).
E per questa e le mille altre ragioni di ognuno di noi, l'unico suo fratello rimasto, i cognati e le cognate, i loro figli tutti i suoi amatissimi nipoti, gli amici ed i pochi conoscenti erano tutti lì fin da venerdì sera, ed il sabato accorsi da tutta Italia, con poche rarissime eccezioni che più e più volte hanno telefonato ora all'uno ora all'altro. Persino l'anziano Don Saverio, parroco del paese natale della moglie e di sue cognate, cognati e nipoti, nonostante i suoi 85 anni ha voluto dedicargli una preghiera in diretta complice la tecnologia del viva-voce dei telefonini.
Ed è morto a Civitanova Marche (AN) dove si erano trasferiti da tempo per lavoro i suoi due figli: figli e nipotino che aveva voluto raggiungere con la moglie per star loro vicino in ogni frangente. Trasferito lasciando, credo non senza dolore, il suo paese adottivo nel ridente Sannio, ai piedi del Camposauro, in una delle più belle e fertili campagne d'Italia, dove ha trascorso credo oltre 40 anni della sua vita!
Se fosse morto lì, l'intero paese sarebbe accorso in silente e doverosa processione estendendo il lutto di questa perdita ad ogni suo concittadino, indipendentemente dalla generazione.
Lo sto vedendo ora, con in braccio la sua sfavillante fisarmonica "Castelfidardo" rossa e avorio, intarsiata di piccole madreperle lucenti, allietare tutti quanti con una tarantella improvvisata e le piccole stonature perse nei suoni a tratti un po' aspri della fisarmonica. Lo sto vedendo ora, in piedi sugli scogli a sorvegliare i bambini. Lo sto vedendo adesso, nel vicolo ombroso infervorarsi per l'ennesima partita di ramino con gli amici. Lo sto vedendo adesso, incamminarsi, giacca e cravatta, elegantissimo e distinto, almeno due giornali sotto il braccio, verso il quadrivio...
Ciao Professore.
Nota: mio zio amava ed usava il mezzo informatico. Ne apprezzava l’enorme potenziale sia passivo che attivo: il potere democratico che può con esso essere esercitato anche se spesso inatteso od ascoltato. Non solo per questo quindi ho deciso di usare il mio blog per rendergli memoria.
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