Raggiunta da tempo la cima della salita percorro senza fatica la discesa fino alla meta. E pur avendo ormai passato la cinquantina da un pezzo non mi sembra il caso di rivoluzionare grafica e titoli di queste pagine!
E credo che non occorra aggiungere altro se non che fu l'ideatore e l'artefice di uno dei genocidi più cruenti ai danni di civili inermi della cittadina bosniaca di Srbrenica, insieme al suo braccio destro Radovan Karadžić ed alle loro cosiddette truppe non meno sanguinarie che i battaglioni delle SS di Himmler al seguito della Wehrmacht. Il tutto con la complicità di fantaccini olandesi assegnati all'ONU ed allora destinati al controllo del territorio ed a fungere da cuscinetto e scudo di protezione nei confronti dei civili. Karadžić è detenuto nel carcere del Tribunale Internazionale de l'Aia dal 2008 e Mladić sarà estradato al più presto dopo 16 anni di latitanza. Ovviamente, che ve lo dico a fare, ha vissuto tranquillamente in un paesotto di qualche migliaio di anime con tutta la famiglia senza che nessuno lo disturbasse. Dopo tutto non accede forse anche per i boss della malavita nostrana? Ed oltre a Srbrenica le truppe di questi due macellai hanno disseminato orrore per tutto il territorio bosniaco.
E' strano. Doveva farsi più di tre anni di carcere. E invece quasi a contrappasso della avventata e intempestiva scarcerazione (ed espulsione) di Ivan Bogdanov, l'ultranazionalista serbo che mise a ferro e fuoco uno stadio in occasione di una partitella tra Italia e Serbia a Genova lo scorso ottobre, un paio di giorni dopo hanno beccato il boia. E adesso questo qui sarà senz'altro a Belgrado a manifestare contro l'ingiusta carcerazione del loro idolo. Cosa aspettarsi dopo tutto da gente che festeggia l'identità nazionale con la ricorrenza di una battaglia che fu una sanguinosa sconfitta per i serbi?
Luogo: pronto soccorso dell'Ospedale San Camillo di Roma. Partecipanti: tre vigili urbani, una turista che parla solo inglese, un paio di infermieri ed un'altra paziente italiana in attesa di una visita medica. Fatti: la turista straniera è stata investita da un'auto sulle strisce pedonali. Non è grave ma vuole un controllo medico e sporgere denuncia. L'altra paziente fa da traduttrice tra i vigili e la turista. Vergogna: non uno dei tre vigili urbani spiccica una sola parola d'inglese. Rappresentati della polizia locale, la più diffusa, di una delle città più visitate del mondo da parte di milioni di turisti ogni anno. E anche qualora tentassero di farlo il risultato è tragico tanto che al confronto Totò e Peppino nella famosa scena milanese sembravano dei poliglotti.
Mi vengono subito in mente dei ricordi. Molti anni fa fui fermato per un controllo in Bosnia dalle parti di Mostar e tutto il colloquio si svolse in inglese. Un paio d'anni fa a Berlino, sempre per un controllo da parte della Polizei un giovanissimo poliziotto, vista la targa della mia auto, si rivolse a me direttamente con un impeccabile "Good evening sir" ed a seguire, tutto in inglese. A Bruxelles un impiegato della metropolitana mi diede delle ottime indicazioni in inglese.
E quindi ancora una volta devo amaramente constatare che la tesi che sostengo da anni è corretta. E' il manico che non funziona! E stavolta la Gelmini non c'entra. Da molti anni l'inglese è stato introdotto fin dalle elementari eppure, dopo tre anni, i bambini non sanno mettere insieme una frase semplicissima o rispondere a banalissime domande. E la situazione resta tragica crescendo. Non credo affatto alla tesi che vuole gli italiani meno portati per l'apprendimento delle lingue straniere e tanto meno al fatto che abbiano meno voglia di studiarle. E' il metodo che è arcaico e completamente inutile fatto sta che in sei mesi di corso ben fatto si apprende qualsiasi lingua che sia sintatticamente e linguisticamente vicina alla nostra (escluso quindi le lingue orientali o l'arabo). E' inutile tenere anni gli studenti di liceo a coriandolizzarsi i cabasisi con la geografia, la storia e la letteratura di Gran Bretagna, Francia o Spagna quando dovrebbero fare conversazione e ascoltare film senza sottotitoli. Punto.
Nel 1976, anno della mia maturità, decisi di scegliere come prima materia da portare agli orali l'inglese. Al termine del colloquio la professoressa membro di inglese della commissione d'esame mi chiese, ovviamente in lingua: "Bene. Bravo. Dove hai imparato così bene l'inglese, a scuola?". E candidamente risposi che la scuola poteva anche avermi dato delle basi ma la scuola vera avvenne sul campo, in campeggio, parlando in inglese con altri ragazzi, e soprattutto ragazze :-), che vevivano da altri paesi europei dove da sempre le lingue straniere si studiano davvero!
Ciò comunque non giustifica l'amministrazione comunale, sempre che ce ne sia una, di una città come Roma, che non fa nulla per formare almeno una parte, almeno uno su tre, parte del personale. Non si pretendono certi provetti interpreti!
Che poi me li immagino, questi nostri pizzardoni reagire di fronte alla prospettiva di dover lavorare (di più) ma tu, stato...e noi, categoria...cioè che io, e allora?!? ma se poi, noi categoria...e tu, che non dai...ecco...m'hai capito?
Sgarbi ha fatto flop nonostante tutta quella aggressività machista che dimostra con chiunque e dovunque. Dopo tutto basta un frammento dove si vede come costui non si smentisca perorando i sostenitori, me compreso, della causa che vuole che sia pagato per farlo.
E così dopo che anche Ferrara l'eclettico voltagabbana è stato schifato dai più a botte di zapping anche il bellicapelli nazionale ha preso una sonora legnata. Era ora. Che poi tornando a giulianone come fai a fidarti delle parole di uno che pesa più di 150 kg? Se penso che s'era candidato sindaco di Roma...
Insomma la prima puntata di "Adesso ci tocca anche Sgarbi" è stata anche l'ultima. Cancellata per mancanza di ascolti e con Sgarbi concorde: e certo! I 250.000 € a puntata li prenderà comunque, ed avrebbero dovuto essere sette.
Cancellato anche se, mi duole dirlo, in parte anche per il fatto che la maggioranza dei miei concittadini non possiede quel minimo grado di comprendonio necessario a capire fino in fondo la sintassi e la semantica del ferrarese: in altre parole, la maggioranza dopo trenta secondi di monologo avrà cambiato canale dicendo "e che due cojoni" e ben pochi hanno resistito masochisticamente come me proprio nella speranza di vederlo cadere.
Ma, giubilo!, così è stato. Ad un certo punto era evidente che annaspava arramipicandosi sugli specchi della sua tronfietà e basta leggere alcune sue dichiarazioni a posteriori per averne conferma. E non perché come ha detto, pur di dare della "capra" a priori a tutti tranne lui ovviamente, noi italiani preferiamo "Chi l'ha visto" ad argomenti quali quelli altisonanti di arte, religione, ambiente e dignità ma perché, per fortuna, oltre alla maggioranza che ha cambiato canale annoiata ce n'è un'altra parte, consistente e resistente, che non vuole che quei discorsi vengano da quel genere di pulpito, perché sa che sono tesi esclusivamente ad acquisire potere e voti per mantenerlo intatto (esempio banale quello di Sgarbi sindaco di Salemi? E che c'azzecca?!?).
E la prova è che quando quei discorsi vengono dai giusti referenti gli ascolti ci sono.
E' proprio vero che ci sono ricordi e le emozioni a questi associate che restano indelebili nella nostra memoria.
E tra i tanti della mia vita quelli vissuti "da paracadutista", quelli legati ad ogni singolo lancio, sono rimasti intatti nella mia.
Era tanto che ci pensavo su, quasi un anno di rinvii per vari motivi e così, come spesso mi accade, in quattro e quattr'otto meno di dieci giorni fa ho prenotato un lancio in tandem presso la nota ed affidabile scuola di paracadutismo sportivo "Crazy Fly" di Nettuno (Roma).
E ieri, 14 maggio 2011, ho saltato da 4000 metri sul livello del mare, con la serena incoscienza di cui sa che sarà facile e meraviglioso al tempo stesso provando una delle emozioni più forti della mia vita, misurata con una scala i cui valori comunque sono inesprimibili o quanto meno difficilmente comprensibili da chi non li ha provati: come quelli anche per la nascita di un figlio, la perdita di una persona cara, un amore...
E proprio come allora ventenne, paracadutista militare, rispondevo "occorre farlo per saperlo" a chi mi chiedeva cosa si provasse lanciandosi da un aereo (od un elicottero) appesi ad un ombrello di seta, fosse anche per i soli 400 metri di salto del tipico lancio militare oggi non riuscirei a descrivere le emozioni provate ieri.
Dall'arrivo al campo, il briefing con l'istruttore, la vestizione, il volo in un rumorosissimo aereo che ha portato su oltre me altri 4 paracadutisti in un tripudio di coloratissime vele (è il nome in gergo che viene dato al paracadute) e, che lo dico a fare, la caduta libera.
Giù a 200 km/h per quasi 50 secondi a coprire circa 2500 m di picchiata col vento la cui pressione ti deforma i lineamenti appeso come un sacco all'imbracatura dell'istrutture e stabilizzati anche dall'aerofreno necessario quando si scende in tandem.
E quando si apre il paracadute ritrovare, intatta, quella stessa emozione nel riscoprire il ricordo di allora: che nonostante si sia così vicini al terreno, in quell'aria l'unico rumore che senti è il frusciare del vento sulla seta e sulle funicelle...il resto è silenzio.
Volo umano. Adrenalina pura.
Colgo l'occasione per segnalare la cortesia, la professionalità e non ultima la simpatia di tutto il personale della "Crazy Fly"