venerdì 20 maggio 2011

I pizzardoni e l'inglese



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Luogo: pronto soccorso dell'Ospedale San Camillo di Roma.
Partecipanti: tre vigili urbani, una turista che parla solo inglese, un paio di infermieri ed un'altra paziente italiana in attesa di una visita medica.
Fatti: la turista straniera è stata investita da un'auto sulle strisce pedonali. Non è grave ma vuole un controllo medico e sporgere denuncia. L'altra paziente fa da traduttrice tra i vigili e la turista.
Vergogna: non uno dei tre vigili urbani spiccica una sola parola d'inglese. Rappresentati della polizia locale, la più diffusa, di una delle città più visitate del mondo da parte di milioni di turisti ogni anno. E anche qualora tentassero di farlo il risultato è tragico tanto che al confronto Totò e Peppino nella famosa scena milanese sembravano dei poliglotti.


Mi vengono subito in mente dei ricordi. Molti anni fa fui fermato per un controllo in Bosnia dalle parti di Mostar e tutto il colloquio si svolse in inglese. Un paio d'anni fa a Berlino, sempre per un controllo da parte della Polizei un giovanissimo poliziotto, vista la targa della mia auto, si rivolse a me direttamente con un impeccabile "Good evening sir" ed a seguire, tutto in inglese. A Bruxelles un impiegato della metropolitana mi diede delle ottime indicazioni in inglese.

E quindi ancora una volta devo amaramente constatare che la tesi che sostengo da anni è corretta. E' il manico che non funziona! E stavolta la Gelmini non c'entra. Da molti anni l'inglese è stato introdotto fin dalle elementari eppure, dopo tre anni, i bambini non sanno mettere insieme una frase semplicissima o rispondere a banalissime domande. E la situazione resta tragica crescendo. Non credo affatto alla tesi che vuole gli italiani meno portati per l'apprendimento delle lingue straniere e tanto meno al fatto che abbiano meno voglia di studiarle. E' il metodo che è arcaico e completamente inutile fatto sta che in sei mesi di corso ben fatto si apprende qualsiasi lingua che sia sintatticamente e linguisticamente vicina alla nostra (escluso quindi le lingue orientali o l'arabo). E' inutile tenere anni gli studenti di liceo a coriandolizzarsi i cabasisi con la geografia, la storia e la letteratura di Gran Bretagna, Francia o Spagna quando dovrebbero fare conversazione e ascoltare film senza sottotitoli. Punto.

Nel 1976, anno della mia maturità, decisi di scegliere come prima materia da portare agli orali l'inglese. Al termine del colloquio la professoressa membro di inglese della commissione d'esame mi chiese, ovviamente in lingua: "Bene. Bravo. Dove hai imparato così bene l'inglese, a scuola?". E candidamente risposi che la scuola poteva anche avermi dato delle basi ma la scuola vera avvenne sul campo, in campeggio, parlando in inglese con altri ragazzi, e soprattutto ragazze :-), che vevivano da altri paesi europei dove da sempre le lingue straniere si studiano davvero!


Ciò comunque non giustifica l'amministrazione comunale, sempre che ce ne sia una, di una città come Roma, che non fa nulla per formare almeno una parte, almeno uno su tre, parte del personale. Non si pretendono certi provetti interpreti!

Che poi me li immagino, questi nostri pizzardoni reagire di fronte alla prospettiva di dover lavorare (di più) ma tu, stato...e noi, categoria...cioè che io, e allora?!? ma se poi, noi categoria...e tu, che non dai...ecco...m'hai capito?

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