Possiamo incontrarli anche noi, senza arrivare né in Messico dove il termine è nato decine di anni fa, né in altri paesi del Sudamerica quali il Brasile o l’Argentina dove il fenomeno ha dimensioni enormi.
Li possiamo incontrare pressoché a qualsiasi ora del giorno, e spesso della notte. Accompagnati dal cigolio dei loro carrelli rubati a chissà quale supermercato e dal rumore che fanno quando rovistano nei cassonetti della spazzatura armati del loro preziosissimo attrezzo che a volte è un professionale ferro ritorto in punta e più spesso è una misera stampella da lavanderia…e rovistano, estraggono, censiscono e vagliano la spazzatura lasciando il più delle volte l’area intorno cosparsa di rifiuti che per loro sono lo scarto dei nostri scarti; così come certi animali mangiano i loro stessi escrementi a recuperare la molecola perduta salvo poi vomitarne una parte…
A volte soli più spesso in coppia con una netta gerarchia capo-operaio formata da coppie donna-ragazza o uomo-donna. Più spesso di etnia rom (più noti come “zingari”) ma a volte anche cingalesi o magrebini.
Raccolgono e riciclano metalli tra cui il preziosissimo alluminio e il raro rame quando non lo rubino direttamente dalle cabine elettriche restando spesso folgorati; stoffe, pellami, vestiti, plastica, vetro, elettrodomestici d’ogni tipo e dimensione affidati ai marciapiedi accanto ai cassonetti anziché ai centri di raccolta appositamente istituiti (ma si sa, costa troppa fatica caricare il vecchio televisore in macchina…o peggio pagare l’apposito bollettino per fare ritiro a domicilio). E chissà quale e quanto altro materiale.
E se hanno preso a farlo evidentemente è loro conveniente dando loro un sicuro ritorno economico sotto forma di baratto o pagamento in denaro contante.
Da ragazzo ho partecipato spesso a campagne di raccolta della carta che la parrocchia organizzava mandando in giro stormi di adolescenti a rovistare nelle cantine di tante famiglie d’ogni ceto che sicuramente avevano decine di kg di giornali e riviste; chissà perché conservate?…Forse ancora gravate dal peso dei ricordi degli improvvisati ricoveri antiaerei con gli scantinati ricolmi di pile di giornali a rinforzarne i soffitti, tanto da lasciare solo angusti corridoi dove rifugiarsi.
Fatto sta che si raccoglievano tonnellate di carta che il don di turno provvedeva a vendere ricavandone qualcosa magari per finanziare il campo estivo o da devolvere in beneficienza.
Ma mi chiedo ripensando a quanto non vedevo allora e tanto meno fino a pochi anni fa: perché il fenomeno di questi riciclatori è riapparso da non molto tempo? Dov’erano visto che in Italia il frequentare direttamente le discariche è un fenomeno raro e laddove esista viene sottoposto a rigide regole di racket dello sfruttamento della miseria?
Consumiamo troppo? Sicuramente, ma altrettanto sicuramente sprechiamo troppo in questo meccanismo economico assurdo della società dei consumi in cui vige la legge del costa meno cambiare che riparare…
Se non possiamo andare alla fonte l’unico argine possibile è incrementare sempre più fortemente la raccolta differenziata che a Roma è inesistente soprattutto nelle zone periferiche: almeno i pepenadores nostrani sapranno che è inutile rovistare a casaccio e si concentreranno solo sui cassonetti appositi senza trovarsi costretti, porelli, a lasciare un gran casino attorno!
Ironia a parte la loro lezione è che il riciclo è economicamente vantaggioso, comunque tanto che la Cina stessa che per decenni ha appestato sé stessa ed il mondo ora sta puntando tutto sul green e sul riciclo al 90%.
E per i soliti borghesucci che si scandalizzano al passaggio di questi emarginati che cercano di sbarcare il lunario ricordo che nell’immediato dopo guerra e fino a quasi tutti gli anni ‘50 l’Italia straripava di stracciaroli, gente che girava per discariche a raccogliere tutto il riciclabile generando una vera e propria catena economica a sostegno di decine di migliaia di famiglie!
Io non mi scandalizzo. Semmai mi incazzo di brutto quando vedo quel che lasciano a terra al loro passaggio che altro non fa che aggravare la penuria di cassonetti, il loro uso maldestro e la scarsità di mezzi e uomini a disposizione delle aziende di raccolta.