Ieri in Nigeria c’è stata l’ennesima strage le cui origini, neanche tanto profonde, sono di stampo religioso. Cristiani contro musulmani e viceversa, copti contri sciti, salafiti contro sciti, ortodossi contro cattolici, cattolici contro protestanti e chi più ne ha più ne metta come si dice. Ed ho citato soltanto parte delle tre religioni più diffuse al mondo: cristiana, ebrea e musulmana. E non può non venirmi in mente quanto Richard Dawkins ripete e riassume da anni.
Tutte le cosiddette sacre scritture di queste tre religioni dalla comune origine non fanno altro che ripetere pressoché continuamente parole che spingono al settarismo, all’isolamento, al razzismo, all’individualismo delle proprie culture ed all’universalità del proprio credo. Niente di meglio per fomentare un principio di esclusione di base che può essere sempre preso come giustificativo di azioni che altrimenti non avrebbero ragione d’esistere o che potrebbero essere risolte in altro modo.
La religione è un potente incentivo alla divisione ed anche se guerre o faide tra gruppi e sette religiose non riguardano quasi mai conflitti teologici la religione è comunque un’etichetta che si affibbia a qualcuno e che crea un ciclo di inimicizia e vendetta tra un gruppo e l’altro, da generazioni, etichetta che non è necessariamente peggiore di altre come il colore della pelle, la lingua o la squadra di calcio preferita, ma che spesso è disponibile in mancanza di altre etichette.
Un ortodosso serbo-croato medio nei primi anni ‘90 non ha quasi capito nulla di quanto stava per travolgere l’ex Jugoslavia ma l’etichetta musulmano del vicino di casa bosniaco, i cui figli fino al giorno prima frequentavano le stesse scuole, è bastata a scatenare odi razziali e religiosi con pulizie etniche dello stesso stampo di quelle che sono esaltata nella bibbia nei confronti dei non ebrei. Così come un protestante ed un cattolico nord irlandese sono entrambi bianchi, parlano la stessa lingua, apprezzano le stesse cose ma sembrano appartenere a specie diverse tanto è profonda la spaccatura storica che li separa con etichette tramandate di generazione in generazione e genitori, nonni e bisnonni che hanno frequentato scuole cattoliche da una parte e scuole protestanti dall’altra. Isolati e segregati da un’etichetta ideologica.
E’ innegabile che anche senza religione l’umanità tende ad essere fedele al proprio gruppo ed ostile a gruppi esterni e ci sono altri motivi di divisione ma la religione esaspera i contrasti con l’etichettatura fin da piccoli dei propri figli (come direbbe Richard Dawkins non ci sono bambini cattolici, ma bambini figli di genitori cattolici), con scuole in cui si effettua segregazione tra confessioni e non ultimo, un vero e proprio tabù nei confronti dei matrimoni interreligiosi visti anche peggio che quelli tra omosessuali!
Senza generalizzare così come spesso i religiosi hanno compiuto azioni lodevoli molto più spesso non religiosi hanno fatto anche di meglio. Non è la religione che definisce lo spirito l’etica e la morale del tempo che cambiano con questo continuamente. Qualunque sia la causa il fenomeno palese del progresso dei valori umanitari (i filosofi morali lo definiscono Zeitgeist, spirito del tempo) non è certamente perché abbiamo bisogno di dio per decidere cosa sia bene o male. Sono disposto a rispettare l’uomo che indossa un determinato abito ma non l’abito in quanto etichetta di valore assoluto perché le etichette dividono.
Qualche giorno fa un frate ha preso a bastonate una mendicante che sostava quotidianamente di fronte ad una chiesa ed oggi il papa alla consueta cerimonia dell’Angelus domenicale, ha tirato fuori la famosa parabola evangelica del ricco, dell’ago e del cammello (qui il testo).
L’esponente massimo, capo supremo e addirittura, ovviamente a loro detta, rappresentante di dio in terra della comunità religiosa più opulenta e ricca del mondo, comunità che campa dopo aver accumulato a sbafo per secoli ricche decime, che non paga tasse e si permette di interferire ogni momento e per ogni cosa in affari che non la riguardano fa la morale ai ricchi. Da che pulpito.
Che c’entra quest’ultima cosa? Non saprei ma so che c’entra…
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