Quanti di voi avrebbero mai immaginato che per partecipare ad un dottorato di ricerca a titolo gratuito occorresse pagare? Insomma è come partecipare ad uno stage o tirocinio privo di qualsiasi rimborso spese, lavorando e pagare per farlo!
Premetto doverosamente che non si tratta della solita invidia perché la persona fregata stavolta è la propria figlia. C'è ben poco da invidiare in questo caso visto il mondo che le si prospetta. E mia personale e discutibilissima opinione è che, borsa o non borsa, altri tre anni in dottorato sarebbero altri anni buttati ma visto che oggigiorno di tempo da buttare ce n'è a iosa per questa generazione privata persino del sogno del futuro perché no?
L'istruzione nazionale è allo sfascio e questo è noto. Tra tagli continui e sempre maggiore scollamento tra la realtà del mondo del lavoro e la teoria dell'insegnamento di discipline assolutamente inutili; o meglio utilissime a chi deve inventarsi una cattedra, una facoltà se non addirittura eleggere una sede universitaria in sperdutissimi paeselli dell'Aspromonte!
Ma ci sono cose che rasentano l'assurdo quale quella accaduta alla mia primogenita neolaureata con laurea magistrale che ha tentato di accostarsi al mondo dei concorsi per accedere ad un dottorato di ricerca con borsa di studio.
Ai miei tempi la baronia potevi volendo guardarla negli occhi nel senso che erano noti nomi e cognomi dei veri possessori del potere discriminante in commissione d'esame (commissioni sia per dottorandi o aspiranti tali che per ruoli di docenza per giovani professori incaricati), erano altresì noti nomi e cognomi dei vari lecchini e portaborse e dei super raccomandati intoccabili figli di professori e cariatidi universitarie.
Oggi invece ti fregano col cavillo amministrativo burocratico, con la postilla, con i requisiti di ammissione che letti online e poi stampati e riletti vanno bene e poi diventano misteriosamente non più validi perché si scopre che sì la cittadinanza italiana va bene ma purché figlio di molisano e di veneta! Tanto che qualcuno si deve essere arrabbiato non poco tant'è che, solo per citarne uno, uno dei concorsi per dottorato di ricerca indetto dal più noto degli atenei milanesi è stato rimandato a data da destinarsi con tanto di telegramma spedito a firma "il rettore".
E vogliamo parlare della risposta avuta come giustificazione per escludere mia figlia dal concorso da parte degli urbinati? Roba da presentarsi alla prova d'esame con i Carabinieri. Ma a che pro? Tanto poi il modo per bocciarla l'avrebbero trovato a loro insindacabile giudizio.
In tutto questo i soldi però per i balzelli vari se li prendono prima: da 50 a 60-70 € per diritti di segreteria vari.
E infine la tragicomica esperienza del concorso indigeno qui a Roma Tre.
Mia figlia è risultata prima dei vincitori (ovvero quarta) ma senza borsa di studio ad un concorso in cui i commissari d'esame sono riusciti ad esaminare ben 60 temi (di dottorato si badi bene, almeno 8-10 pagine l'uno) in tre ed in una sola giornata le viene (capperi!) ed in cui all'orale se n'è vista di ogni colore.
In assenza di borsa di studio e non volendo gravare sul bilancio familiare stava per rinunciare ma alla fine tra il nostro incoraggiamento ed il consiglio di una sua valente professoressa ha accettato: un dottorato è sempre un buon titolo in più...dicono!
Ma la beffa sta in questo. Ha vinto a titolo gratuito, ovvero l'università non le passerà neanche una lira per l'impegno lavorativo che andrà profuso in questo lavoro di ricerca e fin qui passi...lo sapevamo. Ma quel che nessuno di noi avrebbe mai immaginato è stato lo scoprire la richiesta da parte della facoltà di pagare la tassa d'iscrizione di ben 520 € come dottoranda per l'anno accademico 2011/12 (così sarà per gli altri due). Inconcepibile. E poi questi soldi per cosa? Per il condizionamento e l'illuminazione di cui usufruirà nelle rare volte in cui sarà presente in facoltà? Per usufruire del wifi? ...
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