lunedì 28 dicembre 2009

Facebook non avrai il mio scalpo!

Sono molti i motivi per i quali il recente fenomeno dei Social Network non mi attira. Dalla poco spiegabile voglia di anonimato al reale bisogno di star lontani da eventuali compagni di classe che, hai visto mai, dovessero ripescarmi! Inoltre, visto che i miei dati anagrafici sono piuttosto comuni in termine di cognome e, per lo meno nel meridione, anche di nome, non vorrei trovarmi confuso in qualche decina di pagine di omonimi!

E non sono certo nuovo a fenomeni del genere visto che frequento la rete da prima ancora dei tempi delle stanze pubbliche di Microsoft, dall'inizio, ovvero da quando il web era una roba grigia con caratteri Times Roman neri o azzurri, al massimo sottolineati e lampeggianti!

Ma la notizia di pochi giorni fa è una di quelle che mi rende ancora più convinto che la scelta di starne fuori è stata quella corretta. Né fessbuk mispiace (MySpace).

La notizia è questa: http://www.repubblica.it/2009/12/sezioni/politica/giustizia-21/gruppi-facebook/gruppi-facebook.html

In pratica a seguito delle vicende del 13 dicembre scorso a Milano pur di dimostrare agli italiani quanto egli sia amato hanno taroccato le pagine di alcuni gruppi di Facebook: un esempio per tutti alcune pagine dedicate al sostegno dei terremotati abruzzesi improvvisamente trasformatesi in sostegno al cavaliere con decine di migliaia di fans sorti dal nulla!

Insomma è come se sulla home page del sito della Roma comparissero di punto in bianco i colori e l'inneggiare laziali!

Parte della fregatura sta nel fatto che i creatori/amministratori del gruppo possono semplicemente rinominarlo e così qualsiasi utente che si iscriva che so ad un neonato gruppo di sostegno "Salviamo il pidocchio australiano" potrebbe domani, insieme a migliaia (forse milioni in questo caso) di altri ritrovarsi nel "Lasciate che gli australiani si grattino pure"!

Pur essendo plausibilmente corretto che gli orientamenti e/o le opinioni medie di un gruppo di persone indipendenti tra loro e non sottoposte a coercizioni di sorta siano spesso gli indicatori di "scelta" migliori in campo sociale è altrettanto vero che la maggioranza delle persone sono poi quelle che in qualsiasi caso si vengono a trovare al centro della gaussiana; in qualsiasi condizione pronti a cambiare opinione od indirizzamento perché coinvolti nella trasformazione e non come fautori della stessa!

L'unico modo col quale potrei iscrivermi sarebbe in forma anonima, ma ciò violerebbe il principio stesso dell'iscrizione rendendo quanto meno patetici coloro che sono iscritti in tal modo. Con chi si relazionano poi?

Ebbene, proprio perché voglio evitare di indirizzarmi al centro della griglia dei caselli autostradali (le autovetture si distribuiscono secondo una gaussiana anche qui!) non mi iscriverò mai a nessuno di questi cosiddetti social network: anche perché convinto che siano comunque manipolati e fonte di informazione a buon mercato utili ai manipolatori!

A parte il fatto che ho il Telepass!!! clip_image002[1]

Indubbiamente Facebook avrà un successo enorme, nasceranno gruppi per ogni gusto e ci saranno senz’altro decine di migliaia di persone che ne saranno letteralmente dipendenti.

Ma anche l’astrologia, nonostante sia soltanto un mucchio di fregnacce, superstizione ed assurdità che non avevano senso neanche ai tempi di Tolomeo che la inventò (II secolo) ha successo tra i più. Dovrei per questo crederci anch’io?

lunedì 26 ottobre 2009

Trasformati ma non cambiati

Non molto tempo fa (Trasformarsi) avevo maldestramente cercato di esprimere un concetto piuttosto complesso anche perché frutto di pensieri personali, di intuizioni, di sensazioni e soprattutto di altamente opinabili considerazioni.

Ma nello scorso fine settimana credo d'averne avuto una conferma: sia nell'osservare me stesso che gli altri che erano intorno.

Venerdì scorso è accaduto quanto tutti noi si temeva e di cui avevo accennato nel marzo scorso e così, al suo capezzale, c'erano tutti, con quel del tutto umano miscuglio di normalità del convivere comune e di doloroso stato d'animo espresso da ognuno in modi diversi incomparabili dacché il dolore non ha unità di misura.

E così, questa mia enorme famiglia, soprattutto da parte di madre, ha ancora una volta dimostrato la sua coesione, pur sparpagliati per l'Italia e la Svizzera, pur senza vederci né tanto meno magari sentirci anche per anni, è stata catalizzata dall'evento luttuoso.

Ma anche se il collante è stato soprattutto lui, lo Zio Vittorio, quello con la Z maiuscola, come un padre per me e forse per tutti noi nipoti oltre che ovviamente per i suoi due amatissimi figli, l'averci riunito tutti, con i nostri genitori e tanti altri conoscenti, venuti da tutta Italia a salutarlo un ultima volta fin dal giorno prima dei funerali mi e ci ha dato modo di ritrovare e ritrovarci azzerando d'un colpo il tempo passato, gli screzi, le incomprensioni, la pigrizia e le attese di telefonate o notizie che non arrivano o che se lo fanno è per interposta persona: una famiglia insomma.

Ho rivisto zii e cugini che in qualche caso non vedevo da un decennio, altri persino ancora di più ed i cui motivi sono i più disparati ma tra i primi annovero la disattenzione che si ha verso persone a cui si vorrebbe e si dovrebbe dimostrare affetto e tra i secondi va comunque citata la distanza, la vita quotidiana, le regole non scritte a cui sottostiamo e che soprattutto per chi vive in grandi centri come il sottoscritto negano il tempo materiale per fare quando vorremmo o dovremmo. Forse c'è un sottofondo leggero di ipocrisia in molte azioni ma resta comunque un velo che è facilmente spazzato via dalla luce negli occhi di ognuno degli attori presenti, partecipi e attivi e non spettatori che hanno pagato un biglietto per uno spettacolo preventivamente noioso.

E ci si è ritrovati come fosse una tavolata d'altri tempi, imbandita in ventose giornate d'estate in stanze illuminate dal bagliore dell'azzurro del mare e del cielo di quella bellissima costa pugliese o nelle sue rossoverdi campagne che per anni e decenni ci ha visto crescere, anno dopo anno circondati dall'affetto e dall'attenzione di genitori, padri, madri, zii e zie gli uni per gli altri in uno scambio continuo d'amore, attenzioni e preoccupazioni comuni.

E così mi sono letto negli occhi di ognuno di loro, nelle loro parole, nei discorsi di vita comune e normale od in quelli di ricordo e di commiato. Nei sorrisi scambiati a distanza, negli abbracci di coraggio e solidarietà, nel dolore o nei singhiozzi e nelle lacrime che andavano e tornavano a tratti ed in quella malcelata forma d'invidia che magari si esprime nei confronti di chi ha il dono, se dono può essere, della fede a cui ci si rivolge in certi momenti a cercare speranze e giustificazioni.

Mi sono letto ed ho letto trasformazioni ma non cambiamenti. Vedevo in loro gli stessi sguardi, gli stessi sorrisi, i medesimi atteggiamenti che vedevo allora, quando bambini, adolescenti o ragazzi si interagiva tra noi o con i loro genitori, nostri reciproci zii, e tra loro anche colui che venerdì ci ha lasciato. E così negli zii o nelle zie, segnate dagli anni in loro vedevo le stesse cose che osservavo ed ascoltavo fin dal tempo che mi è dato ricordare.

E credo che loro abbiano vissuto le medesime sensazioni.

Anzi, ne sono sicuro.

Siamo tutti trasformati, chi più chi meno, ma nessuno di noi è veramente cambiato. Potremmo anche aver avuto difficoltà a riconoscerne qualcuno incrociandolo per caso per la strada ma sarebbe bastata una parola od uno sguardo per dire noi stessi che siamo sempre gli stessi.

Trasformati ma non cambiati.

Ciao Professore (in memoria di zio Vittorio)

Venerdì sera se n'è andato. Dopo pochi inutili mesi di lotta contro la bestia come lui stesso l'aveva soprannominata. Ancora poco più di un mese fa il nostro ultimo incontro e nei mesi precedenti, sia in diretto contatto che nelle nostre periodiche telefonate, emergevano chiarissime la sua incredibile tenacia, la forza d'animo e la serenità con la quale aveva affrontato questa cosa; dava quella strana speranza, forsanche un po' egoistica che vorrebbe le persone a noi più care sempre presenti, che lasciava aperte opzioni di speranza di sopravvivenza nonostante ogni evidenza. E altrettanto serenamente aveva disposto tra la rabbia e le lacrime dei congiunti fin dai primi momenti. Aveva chiesto un paio d'anni, non oltre, di tregua per veder completato il progetto di vita dei figli: non gli è stato concesso come una della ipotetiche probabilità di vittoria tra miliardi d'altre avverse.

C'eravamo tutti, o quasi. Giunti da tutta Italia a dare l'ultimo saluto, l'ultimo abbraccio e le ultime carezze a zio Vittorio. Lo ZIO. Come un padre per me. Vicino sempre e soprattutto in quel momento della mia vita in cui ce ne fu più bisogno che mai.

Come ho scritto poco fa la sua figura è stata per ognuno di noi un riferimento: di saggezza, di moralità, di serenità, di buon senso e di sagacia oltre che, non ultima di umorismo ed ironia. Ieri chiedevo a mia zia, amatissima zia Bice (Beatrice), di ricordare per me un suo momento d'umana perdita di pazienza, dacché nei miei ricordi non ho che una sola sua immagine che me lo ricorda davvero arrabbiato, tanto da perdere le staffe! E così per sentirlo più vivo che mai le chiedevo questo...

Un catalizzatore di umanità, un collante punto di riferimento per tutta la nostra famiglia ed a cui tutti si sono prima o poi rivolti chi per un motivo e chi per un altro. Un romantico idealista che però quando si è visto crollare i miti (o le speranze) in cui aveva riposto la sua fiducia ha potuto e voluto rivedere ogni singolo passo del suo processo fino a sradicarne completamente le origini ed avere il coraggio di cambiare opinione ed ammettere i torti dell'uno e giustificare, comprendere e condividere le ragioni dell'altro.

Un aneddoto che mi riguarda da vicino, tra i mille che lo ricordano ad ognuno. Quando avevo poco più che 19 anni ci incontrammo al mare, quell'azzurro mare pugliese che mi vide crescere. Da pochi mesi sfoggiavo orgoglioso un paio di baffi proprio come lui (me li feci comunque crescere di mia iniziativa e non per sua imitazione!). Appena mi vide cominciarono i suoi sfottò, in quel suo dialetto napoletano che lui originario di Cerignola, ostentava ed usava a tratti orgoglioso della sua napoletanità adottiva (un po' come Arbore insomma). Dopo una mezzora ch'era scomparso alla mia vista si ripresentò, senza baffi!

"Zio, ma che hai fatto? Ti sei tagliato i baffi?"
"Se li porti tu mi sembra ovvio che debba tagliarli io!!!"

Mi è stato zio, padre dispensatore di consigli e persino in una delle estati più belle della mia vita, "collega" per caso. 40 indimenticabili giorni per questo e per altri motivi.

Ero sceso da lui proprio nella speranza che attraverso le sue conoscenze al provveditorato agli studi di Benevento potessi afferrare al volo un posto da membro di commissione di maturità in una qualche scuola a seguito di una qualche rinuncia da parte dell'incaricato ufficiale. E fortuna volle accadde, ma proprio nella scuola dove insegnava! Lui membro interno del suo quinto anno dell'Istituto Tecnico Agrario dove insegnava ed io membro esterno di Industrie Agrarie: non pensate all'inciucio tra noi a favorire questo o quello, ve ne prego! Ovviamente il diverso cognome ci impedì qualche impiccio d'ordine legale! Quanta fatica per me l'impormi di non farmi scappare un qualche "zio..." per chiamarlo di fronte ad altri! E quante gaffe involontarie nei balbettamenti che iniziavano con "z..." per passare a "prof..." e finire in un conviviale "Vittò!!!"...

Anche mia moglie gli ha voluto bene fin dall'inizio. In lui vedeva e trovava oltre che l'uomo dolcissimo ed affettuoso anche il collega insegnante più anziano ed esperto, con gli stessi problemi e necessità, con una profonda conoscenza della normativa anche quando poi egli andò in pensione.

La sua passione per la campagna e l'agraria, trasmessami da lui e dalle bellissime estati passate alla scuola agraria dove insegnava, al punto da voler scegliere in prima battuta proprio quella facoltà (geologia fu scelta sia per maggior interesse da parte mia che per via del fatto che allora i miei non avrebbero potuto sostenere le spese di trasferta per farmi studiare agraria a Napoli).

E per questa e le mille altre ragioni di ognuno di noi, l'unico suo fratello rimasto, i cognati e le cognate, i loro figli tutti i suoi amatissimi nipoti, gli amici ed i pochi conoscenti erano tutti lì fin da venerdì sera, ed il sabato accorsi da tutta Italia, con poche rarissime eccezioni che più e più volte hanno telefonato ora all'uno ora all'altro. Persino l'anziano Don Saverio, parroco del paese natale della moglie e di sue cognate, cognati e nipoti, nonostante i suoi 85 anni ha voluto dedicargli una preghiera in diretta complice la tecnologia del viva-voce dei telefonini.

Ed è morto a Civitanova Marche (AN) dove si erano trasferiti da tempo per lavoro i suoi due figli: figli e nipotino che aveva voluto raggiungere con la moglie per star loro vicino in ogni frangente. Trasferito lasciando, credo non senza dolore, il suo paese adottivo nel ridente Sannio, ai piedi del Camposauro, in una delle più belle e fertili campagne d'Italia, dove ha trascorso credo oltre 40 anni della sua vita!

Se fosse morto lì, l'intero paese sarebbe accorso in silente e doverosa processione estendendo il lutto di questa perdita ad ogni suo concittadino, indipendentemente dalla generazione.

Lo sto vedendo ora, con in braccio la sua sfavillante fisarmonica "Castelfidardo" rossa e avorio, intarsiata di piccole madreperle lucenti, allietare tutti quanti con una tarantella improvvisata e le piccole stonature perse nei suoni a tratti un po' aspri della fisarmonica. Lo sto vedendo ora, in piedi sugli scogli a sorvegliare i bambini. Lo sto vedendo adesso, nel vicolo ombroso infervorarsi per l'ennesima partita di ramino con gli amici. Lo sto vedendo adesso, incamminarsi, giacca e cravatta, elegantissimo e distinto, almeno due giornali sotto il braccio, verso il quadrivio...

Ciao Professore.

Nota: mio zio amava ed usava il mezzo informatico. Ne apprezzava l’enorme potenziale sia passivo che attivo: il potere democratico che può con esso essere esercitato anche se spesso inatteso od ascoltato. Non solo per questo quindi ho deciso di usare il mio blog per rendergli memoria.

sabato 3 ottobre 2009

Che noia che barba che noia




E mentre l'Aquila ancora trema come normalmente da miliardi di anni fa la crosta terrestre il messinese affoga sotto acqua e fango. Piogge eccezionali, una bomba d'acqua adesso dicono, quasi fosse il gavettone fatto coi palloncini. Eccezionale sì, forse (qualcuno si è accorto che il clima nostrano si è tropicalizzato?), ma mai eccezionale come l'imbecillità di chi per decenni, per secoli, ha ignorato, ha occultato, ha eluso, ha abusato e poi ha condonato, ha cementificato, se n'è strafottuto insomma...
Messina oggi, Sarno allora, Genova spesso e volentieri, la Calabria, l'Umbria, la Valtellina...praticamente il 90 percento del territorio è a rischio. Noi (ex geologi et simili) lo sappiamo da sempre.
Giusto l'altra sera, buffa coincidenza, Rai Storia trasmetteva un vecchio servizio del TG all'indomani del terremoto di Ancona (1972) che giusto pochi giorni fa ha scrocchiato ancora (4.6 Richter): che ve lo dico a fare? In quel servizio la fotocopia delle stesse parole, degli stessi atteggiamenti contriti, delle ovvie  medesime lapalissiane considerazioni farcite da un'ipocrisia nausante.
Panta rei...mica tanto in certi casi, anzi per niente direi, e c'è scappata pure la rima! Che "tutto passi" sotto le inesorabili azioni geologiche endogena ed esogena non c'è dubbio ma a quanto pare nulla passa scontrandosi contro l'inarrestabile deficienza (intesa come lacuna intellettiva ovviamente) e l'ignavia tutta nostrana. Manco fossero generali d'altri tempi che non s'arrendevano mai: neanche di fronte all'evidenza.
Ma è mai possibile che l'USGS (US Geological Service) ne debba sapere più di noi sullo stato disastrato del nostro martoriato territorio? E' vero che l'Italia è particolarmente sfigata da questo punto di vista (contrappasso al fatto che è definita il paradiso dei geologi per via del fatto che c'è rappresentato di tutto!) ma è mai possibile che nessuno oltre pochissimi belati (definirle voci è eccessivo) fuori del coro si metta ad urlare e sbattere scarpe alla Cruscev?!?(*)
Che noia che barba che noia lagna scalciando la Mondaini a conclusione di ogni episodio di "Casa Vianello". E così mi sento io.
Stanco, annoiato, amareggiato, deluso...quasi contento che l'Italia frani. E non mi si venga a dire che questo non è il momento delle polemiche, che ora serve solidarietà, comprensione, lacrimuccia e patimento per le povere genti colpite dal disastro. Mi sono rotto le palle. I morti sono morti. Siamo noi vivi che restiamo che rischiano di morire ancora per questo stato d'inerzia assoluto. E nessuno di voi si senta immune perché potrebbe franare il costone della strada che percorrerete solo perché un imbecille ha ignorato cosa vuol dire rispettare un territorio.
Già, rispetto del territorio. Ma se la stragrande maggioranza non rispetta neanche i regolamenti di condominio!!!
Come dite? E la storia del ponte sullo stretto? lassamo perde va'
(*) metafora ovviamente, visto che pare che sia una leggenda metropolitana
PS) amarissima consolazione: all'inizio di settembre ho conosciuto un altro geologo, stessa mia età, quasi stesso anno di laurea, un'altra bella laurea cum chiodo conseguita a Napoli (la cui facoltà è culla di una delle migliori scuole di vulcanologia del mondo)...che fa il mio stesso lavoro!!! Ihihihihi...

venerdì 25 settembre 2009

Che state a FAO?


O volendo, finché c'è guerra c'è speranza!



La locandina con il titolo di un famoso ed amaro film di e con il grande Albertone nazionale m'è subito venuto alla mente stamani quando mi sono casualmente accorto di quale ente è venuto ad occupare questo edificio ristrutturato a tempo di record (meno di un anno!!!). Avrei potuto anche titolare il post come ho scritto all'inizio...che state a...fao???
Di quale edificio scrivevo? QUESTO
In questo megapalazzone sfavillante, con tanto di mensa e caffetteria con tavoli all'aperto (da usare anche nelle belle giornate invernali di Roma) si è trasferito tutto lo staff IFAD (International Fund for Agricoltural Development), costola della FAO (Food and Agricolture Organization), fratello del WFP (World Food Programme) e cugino dell'IPGRI (International Plant Genetic Resource Institute), tutti con base a Roma o quasi (l'IPGRI sta a Maccarese, 20 km da Roma).
L'IFAD aveva già una bella sede (vecchia sede) a due passi dalla nuova e vogliamo parlare di quante sedi ha l'ONU a Roma? E quali palazzi occupano spesso? E in Italia? Basta guardare http://www.onuitalia.it tanto per farci un'idea. Ma non divaghiamo, restiamo concentrati sulla FAO e sulle affiliate agenzie romane che ho già citato.
Dicevo che stamani sono rimasto colpito da quella sventolante bandiera ONU e mi sono avvicinato, ed ho pure fotografato, magari rischiando l'arresto e ho letto IFAD. E la nausea mi è salita. Perché?
Perché è uno degli eclatanti esempi di inutilità, di spreco, di enti nati per gettare fumo negli occhi dei poveri illusi. Uno degli enti che dimostrano l'assoluta inutilità dell'ONU soprattutto quando questo si occupi dei...problemi del mondo! Sono oltre 50 anni che esiste la FAO, ed a seguire IFAD, IPGRI, WFP ed altro ancora. E' forse diminuito il problema dello sviluppo agricolo? E' forse aumentata l'autonomia produttiva dei paesi non dico del terzo o quarto mondo, ma quelli del secondo? E forse migliorata la fame atavica che affligge i 3/4 dell'umanità? Macchè. Anzi, a guardare gli stessi dati ONU è peggiorata, un fallimento insomma!
E come mai? Ma che domande. Perché l'80 percento dei soldi che ogni paese membro regala alle organizzazioni quali quelle citate sono spesi per il sostentamento di se stesse. Alcune piagnucolano dicendo che non esiste neanche un bilancio (come il WFP) e che ogni anno tremano al pensiero di un fallimento, altre hanno invece un loro bilancio, mai in perdita ovviamente!
Sapete quanto guadagna ogni mese (oltre a decine di ulteriori fonti di reddito indiretto da sconti fiscali, convenzioni, bonus...) una delle ultime ruote del carro che lavori presso uno di questi enti? Sorvoliamo. Un funzionario? Sorvoliamo...
E' vero che sono quasi tutti stranieri, è vero che devono pensare alle trasferte ed all'educazione dei figli all'estero, che la maggioranza di loro ha contratti biennali rinnovabili ma non vi dicono che nel 95% dei casi di due anni in due anni arrivano alla pensione, e di pensione ONU si tratta!!! E i pensionati ONU (retired) hanno persino la possibilità di continuare e tornare a lavorare nell'ente che li ha pensionati! E così prendono pensione e stipendio!
Vogliamo parlare di quanto guadagna un funzionario FAO (o WFP, o IFAD...) che si trovi in missione ( missione?) all'estero? Nei teatri operativi, come li chiamano loro, quando vanno in giro con fuoristrada da 80/100.000 € full optional?
Ecco perché stamattina quando ho visto un altro inutile spreco, la nuova sede, m'è tornata la nausea...
Come faccio a sapere tante cose? Perché, da esterno, ho lavorato sia presso l'IFAD che il WFP e l'IPGRI! E ho conosciuto italiani residenti a Roma, impiegati lì, che avevano persino il barbaro coraggio di lamentarsi di aver fatto anche più di 40 ore settimanali...
E credetemi, la mia non è l'invidia tipica di coloro i quali stanno fuori da certi ambienti e rosicano per questo!!!
Finché c'è guerra c'è speranza, per questa gente, di portare a casa la pagnotta, e che pagnotta, affamando coloro per i quali dicono di...lavorare!

venerdì 28 agosto 2009

Imparare o insegnare...ad insegnare

Una vecchia citazione (parecchio antica pare) recita "chi sa fa, chi non sa fare insegna, chi non sa nemmeno insegnare dirige e chi non sa neanche dirigere fa il politico" e via discorrendo. A prescindere dalla falsità intrinseca alla citazione che vorrebbe mettere in proporzione diretta incompetenza ed ascesa nella scala sociale (o lavorativa, o entrambe) -come dite? è invece vero? - ciò riporta immediatamente in tema quanto ho appena ascoltato e letto.

 

Pochi giorni fa riflettevo guarda caso sullo scempio delle nostre Università e sulla totale incompetenza di chi decide e dirige sulla scuola in genere ed ecco freschissimo l'annuncio che da domani si cambiano le regole di accesso all'insegnamento: frutto soprattutto dell'agostano lavoro della commissione di Giorgio Israel (lascio ai miei lettori capire da soli che tipo sia rimandandoli al suo blog). Che questo agosto sia stato particolarmente caldo, con afa opprimente, ce ne siamo accorti tutti ma gli effetti si saranno particolarmente sentiti anche nei corridoi del MIUR in Viale Trastevere a Roma.

Riassumo come entreranno nella scuola i prossimi insegnanti: laurea magistrale apposita, a cui si accederà con un altro esame di ammissione ad un numero chiuso deciso in base alle esigenze d'organico (???), un anno di tirocinio formativo mirato non già a ripetere quanto già studiato (vedi le SSIS) ma soprattutto a laboratorio, metodologia didattica e, che te lo dico a fare, nuove tecnologie e più inglese! (ah! le care vecchie '3i' del primo governo Berlusconi che tornano!!!).

Forse pochi ricorderanno la mia diretta esperienza di insegnante di liceo se pur di breve entità (circa 8 anni) direi intesa vista l'allora mia giovanissima età (ho iniziato appena 25enne, un anno dopo la mia laurea) ma posso contare comunque sulle testimonianze dirette di mia moglie, insegnante da 26 anni, di mio cognato, da oltre 30 anni, di un carissimo zio e dai racconti e dalle testimonianze dello scomparso carissimo suocero, con oltre 40 anni di carriera! Insomma, direi che ne mastico un pochino e non entrerò comunque nel merito della riforma alla quale, al più, farò in coda alcune osservazioni pratiche.

In definitiva di che si tratta? Del riciclo in altra forma del famoso anno di straordinariato: in pratica al momento dell'immissione in ruolo ogni insegnante sottostava ad un anno "di prova/formazione" sotto il vigile (ehm...) occhio di un tutor ed alla fine del quale poteva sentirsi definitivamente assunto dallo stato! Vien da sé che si tratta di una pura formalità sia per la svogliatezza dei tutor (che hanno ben altro da fare ed al massimo si limitano a dare suggerimenti d'ordine pratico e non metodologico, didattico e men che mai pedagogico!)

Insegnare ad insegnare. Chi? Come?

Che l'esperienza delle SSIS sia stata fallimentare (costosissime ed inutili) è certo ma pretendere di prendere il meglio da queste per varare questo nuovo metodo d'ingresso è tragicomico.

Come si fa insegnare ad insegnare e soprattutto come si fa ad imparare ad insegnare? Certo docenti non si nasce, si deve avere passione ed una particolare predisposizione a trasmettere conoscenza, a suscitare interesse anche qualora si parlasse di argomenti banali, quasi come i potentissimi oratori maestri d'eloquenza -sto ironizzando ovvio- della antica civiltà romana. Ma senza arrivare a ciò è anche possibile che insegnanti ci si diventi soprattutto con la praticaccia e l'esperienza e, ahimé, tutor o non tutor, corsi o non corsi, ci saranno sempre dei pessimi insegnanti! E degli ottimi e validissimi ovviamente...nonostante gli stipendi miserabili...ovviamente!

Le considerazioni d'ordine pratico: chi stabilirà le esigenze d'organico che apriranno la strada dell'anno di tirocinio ai possibili insegnanti e che dovranno sostenere l'ennesima prova? In base a quale criterio verranno selezionati i docenti dei...docenti? Chi controllerà i controllori insomma? E i precari che ogni anno da decenni affollano in questo periodo le stanze dei provveditorati in attesa della agognata supplenza annuale? Ce ne sono in questo stato anche di ultra quarantenni che da un paio di decenni vanno avanti così. Più tirocinio di questo!!! Si dovranno pur "sistemare" o li mandiamo tutti a casa facendoli scavalcare dallo studente neolaureato che ha fatto il tirocinio? Volete la guerra?

Se tanto mi da' tanto i primi insegnanti che potrebbero entrare nel mondo della scuola a seguito dell'attuale proposta lo faranno nel 2028...e nel frattempo chissà quante altre Gelmini ci toccheranno!

Meno male che qui a Roma ci pensa già il vernacolo a fare una gran confusione tra imparare ed insegnare..."e mo' chi m'o 'mpara?"

mercoledì 19 agosto 2009

Deutschland über alles

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Eccomi rientrato dal mio secondo viaggio in Germania. Dopo la Baviera e la Romantische Strasse del 2005 ecco Dresda, Koenigstein, Bastei, Berlino e Spandau, Potsdam e Lipsia.

Premettiamo innanzi tutto, a scanso equivoci, che il titolo del post non va assolutamente interpretato in senso nostalgico! E' solo e semplicemente il titolo dell'Inno Nazionale tedesco, e rimando al sito indicato per approfondimenti che appunto, come ben spiega nacque con quel senso di Germania prima di (al di sopra) tutti a cercare un senso di unità nazionale che allora (XVIII secolo) mancava, travisato poi dai nazisti con un sopra tutti in senso di predominio generale. Qui ne potete trovare una bella versione corale. Ma non cambiamo tema!

Adoro la Germania.
Ordinata, pulita, efficiente, ferma e gentile.

Perché? I motivi sono molteplici. Proverò ad elencarli in una personalissima lista.

1. Perché i mezzi pubblici sono puliti, efficienti, clip_image004abbondanti e puntuali.

Talmente puntuali che se sul tabellone viene annunciato l'autobus XXX in tot minuti ci potete rimettere gli orologi con quei tempi. Talmente efficienti che nella Berlino della Primavera del 1945 ricoperta di macerie e con oltre il 90 percento degli edifici distrutti o inagibili dopo pochi mesi già circolavano i primi tram e le prime linee del metrò. E quando arrivano a capolinea l'autista si chiude dentro e fa un giro di controllo e pulizia sull'autobus (ho visto con i miei occhi un tranviere portar fuori un bicchiere di cartone e due cartacce lasciate sicuramente da un incivile turista!)

 

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2. Perché sulle autostrade, completamente gratuite, clip_image007non esistono limiti di velocità, tranne quando espressamente segnalati e non si formano quei mucchi di macchine che viaggiano tutte a 130 orari come da noi creando situazioni pericolosissime. E così i 140 cavalli della mia 2.0 TD me li godo tutti in piena sicurezza altrimenti, una 2.0 TD da 140 cavalli che me la compro a fare? Ma attenzione a non violare i limiti quando esistono: hanno persino anonime auto civetta innocentemente ferme ai bordi delle strade pronte a flashare l'incauto automobilista! E quando i limiti ci sono potete starne certi, non un singolo automobilista tedesco li vìola.

 

3. Perché le strade, anche di una grande metropoli come Berlino, sono pulite e il massimo grado di sporcizia è dato da qualche cartaccia, qualche erbaccia di troppo vicino a qualche muro e le rarissime cicche di sigaretta (da ex fumatore realizzo come le decine di miliardi di cicche non riciclabili siano un altro dei gravi problemi indotti dall'industria del tabacco e dalle sue vittime). E comunque durano poco: solertissimi uomini in tuta arancione puliscono e falciano, al limite del ritocco con forbicine da unghie.

4. Perché essendo quasi tutte in pianura (il che facilita parecchio) il mezzo di trasporto principale direi che è la bicicletta: nessuna novità rispetto alla nostra Padania direte voi. Sì, ma con piste ciclabili assolutamente inimitabili!

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5. clip_image011E sempre a proposito di pianure, a perdita d'occhio come quelle del Magdeburgo, i tedeschi hanno disseminato le medesime di pale eoliche a produrre una bella fetta di energia con questa fonte. E' verissimo che da noi tutti questi spazi non ci sono ma è anche vero che gli stessi ambientalisti che vorrebbero tutto ecocompatibile aborrono e si irrigidiscono se le pale gliele piazzano sotto casa dicendo che stonano e deterpano il paesaggio!

 

 

 

 

6. Perché nonostante quel che si dice clip_image012non fanno finta di niente e non hanno dimenticato e con profonda vergogna si cospargono tuttora il capo di cenere con mostre permanenti sul periodo nazionalsocialista (ben fatta quella permanente fotografica chiamata "Topografia del terrors", tra la Zimmerstrasse e la Kochstrasse di Berlino).

 

 

 

8. Perché basta toccare con mano la storia della DDR e di 28 anni di Berlino divisa, basta guardarlo quel muro, anche fosse quel che resta ormai a mò di souvenir, per capire quanto forte nei tedeschi siano la volontà, la determinazione, la coscienza del valore sociale: reduci da incommensurabili errori totalitaristi del passato (l'uno a chiamare l'altro in una sorta di supplizio di Tantalo) ancora una volta si sono rimboccati le maniche e con una rivoluzione culturale pacifica hanno abbattuto non sono un muro ma millenni di umana cultura pregiudiziale.

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9. Perché ovunque vai, come costante insieme ad ogni supermercato, qualunque sia la catena, per strada così come troveresti venditori di kebab o fast food, nelle stazioni della metro, dei treni trovi sempre fornitissimi ed appetitossimi "Bäckerei" (panificio) quasi sempre insieme a "Konditorei" (dire pasticceria è riduttivo!) dove mangiare in una sorta di slow food con ottimi e gustossissimi panini imbottiti, pane per tutti i gusti (squisito!) e dolci introvabili in Italia (chissà perché poi!) come le splendide torte di gelatina di frutta e frutta fresca come fragole, mirtilli, ciliege, agrumi vari e via incrementando...la glicemia ovviamente! clip_image014

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10. E perché no? Perché al sottoscritto, fin dall'adolescenza e la gioventù spesa in campeggio, la "teutonica" è sempre piaciuta!

11. 12. 13. ... ... ...

Mi si dica pure che sono esageratamente tedeschi, burocrati prussiani afflitti da eccesso di zelo, talmente meticolosi che paradossalmente fu anche grazie ai verbali, alle schede, alle meticolose annotazioni del funzionario di turno che nei processi post-bellici ai nazisti fu possibile esprimere condanne sostenute da prove certe (...). Ma non si potrà certo negare che la Germania è troppo avanti...o siamo noi ad essere rimasti indietro nonostante le apparenze?

E infine, se penso che proprio in questi giorni Bossi blatera di scuole dialettali, test culturali ai professori (e la Gelmini è d'accordo ovviamente!), Calderoli "semplifica" proponendo e ribadendo non solo inni separati ma stipendi, ovviamente no?

Vorrei esser nato a Francoforte,
potendo scegliere quella sul Meno, ma anche fosse stata quella sull'Oder, poco importa!

Nota da turista 1. Non comprate acqua, vi costerebbe più della birra
Nota da turista 2. Non vorrei infierire visto quanto ho scritto pochi giorni fa ma come altre volte in altri viaggi si incrociano concittadini. Ebbene, per ben tre volte gli unici riconoscibili per la confusione, il vociare e commentare ad alta voce ed in strettissimo dialetto (a confoder le idee agli indigeni che penseranno che quello è italiano), a gridare appress 'e figlie... come solo le mamme partenopee sanno fare (...), insomma, con tipici atteggiamenti alla "facciamoci riconoscere" erano loro: napoletani probabilmente, campani sicuramente.

lunedì 17 agosto 2009

Anniver…diario

Un anno fa nasceva questo blog.

Più per curiosità personale che per altro.

I lettori non sono poi così pochi pare, stando alle statistiche. Commentano poco, direi affatto, gli unici sono i soliti prezzolati.

Modestamente dovrei dire che gli altri non lo fanno per pigrizia. Immodestamente che invece non lo fanno perché i miei scritti sono talmente coerenti che commentare sarebbe retorico. Certo che qualche standing ovation servirebbe a rafforzare la mia immensa presunzione. Dopo tutto basta leggere qui sopra, nel banner, in verde piccolissimo, il mio personalissimo aforisma sulla modestia: sono talmente immodesto da definirlo appunto, un aforisma!

Non starò a chiedermi a cosa od a chi possa esser tornato utile. A me stesso ovviamente ed in primo luogo: dopo tutto da adolescente solevo tenere un diario di pensieri , su quaderni a quadretti piccoli e scritto fittissimo (sospirone nostalgico...allora non ero così presbite!).

E se il diario, mentre traghettavo dai terribili anni a cavallo tra i 15 ed i 17 verso l'età del militare e dell'università, si è visto affiancare e sostituire da lunghissime lettere scambiate con varie persone che con la loro presenza hanno contribuito a "farmi crescere" questo strumento altro non è che una sorta di diario lasciato inavvertitamente aperto ed a portata di mano di tutti.

E anche se non amo particolarmente Moretti questa sua affermazione l'ho sempre condivisa. E quindi, ai "pochi ma buoni" che mi leggono non mi resta che augurare

BUONA LETTURA

domenica 16 agosto 2009

Deutschland über alles







Eccomi rientrato dal mio secondo viaggio in Germania. Dopo la Baviera e la Romantische Strasse del 2005 ecco Dresda, Koenigstein, Bastei, Berlino e Spandau, Potsdam e Lipsia.


Premettiamo innanzi tutto, a scanso equivoci, che il titolo del post non va assolutamente interpretato in senso nostalgico! E' solo e semplicemente il titolo dell'Inno Nazionale tedesco, e rimando al sito indicato per approfondimenti che appunto, come ben spiega nacque con quel senso di Germania prima di (al di sopra) tutti a cercare un senso di unità nazionale che allora (XVIII secolo) mancava, travisato poi dai nazisti con un sopra tutti in senso di predominio generale. Qui ne potete trovare una bella versione corale. Ma non cambiamo tema!


Adoro la Germania.
Ordinata, pulita, efficiente, ferma e gentile.




Perché? I motivi sono molteplici.
Proverò ad elencarli in una personalissima lista.


1. Perché i mezzi pubblici sono puliti, efficienti, abbondanti e puntuali. Talmente puntuali che se sul tabellone viene annunciato l'autobus XXX in tot minuti ci potete rimettere gli orologi con quei tempi. Talmente efficienti che nella Berlino della Primavera del 1945 ricoperta di macerie e con oltre il 90 percento degli edifici distrutti o inagibili dopo pochi mesi già circolavano i primi tram e le prime linee del metrò. E quando arrivano a capolinea l'autista si chiude dentro e fa un giro di controllo e pulizia sull'autobus (ho visto con i miei occhi un tranviere portar fuori un bicchiere di cartone e due cartacce lasciate sicuramente da un incivile turista!)

2. Perché sulle autostrade, completamente gratuite, non esistono limiti di velocità, tranne quando espressamente segnalati e non si formano quei mucchi di macchine che viaggiano tutte a 130 orari come da noi creando situazioni pericolosissime. E così i 140 cavalli della mia 2.0 TD me li godo tutti in piena sicurezza altrimenti, una 2.0 TD da 140 cavalli che me la compro a fare? Ma attenzione a non violare i limiti quando esistono: hanno persino anonime auto civetta innocentemente ferme ai bordi delle strade pronte a flashare l'incauto automobilista! E quando i limiti ci sono potete starne certi, non un singolo automobilista tedesco li vìola.


3. Perché le strade, anche di una grande metropoli come Berlino, sono pulite e il massimo grado di sporcizia è dato da qualche cartaccia, qualche erbaccia di troppo vicino a qualche muro e le rarissime cicche di sigaretta (da ex fumatore realizzo come le decine di miliardi di cicche non riciclabili siano un altro dei gravi problemi indotti dall'industria del tabacco e dalle sue vittime). E comunque durano poco: solertissimi uomini in tuta arancione puliscono e falciano, al limite del ritocco con forbicine da unghie.


4. Perché essendo quasi tutte in pianura (il che facilita parecchio) il mezzo di trasporto principale direi che è la bicicletta: nessuna novità rispetto alla nostra Padania direte voi. Sì, ma con piste ciclabili assolutamente inimitabili!


5. E sempre a proposito di pianure, a perdita d'occhio come quelle del Magdeburgo, i tedeschi hanno disseminato le medesime di pale eoliche a produrre una bella fetta di energia con questa fonte. E' verissimo che da noi tutti questi spazi non ci sono ma è anche vero che gli stessi ambientalisti che vorrebbero tutto ecocompatibile aborrono e si irrigidiscono se le pale gliele piazzano sotto casa dicendo che stonano e deterpano il paesaggio!




6. Perché nonostante quel che si dice non fanno finta di niente e non hanno dimenticato e con profonda vergogna si cospargono tuttora il capo di cenere con mostre permanenti sul periodo nazionalsocialista (ben fatta quella permanente fotografica chiamata "Topografia del terrors", tra la Zimmerstrasse e la Kochstrasse di Berlino).
8. Perché basta toccare con mano la storia della DDR e di 28 anni di Berlino divisa, basta guardarlo quel muro, anche fosse quel che resta ormai a mò di souvenir, per capire quanto forte nei tedeschi siano la volontà, la determinazione, la coscienza del valore sociale: reduci da incommensurabili errori totalitaristi del passato (l'uno a chiamare l'altro in una sorta di supplizio di Tantalo) ancora una volta si sono rimboccati le maniche e con una rivoluzione culturale pacifica hanno abbattuto non sono un muro ma millenni di umana cultura pregiudiziale.
9. Perché ovunque vai, come costante insieme ad ogni supermercato, qualunque sia la catena, per strada così come troveresti venditori di kebab o fast food, nelle stazioni della metro, dei treni trovi sempre fornitissimi ed appetitossimi "Bäckerei" (panificio) quasi sempre insieme a "Konditorei" (dire pasticceria è riduttivo!) dove mangiare in una sorta di slow food con ottimi e gustossissimi panini imbottiti, pane per tutti i gusti (squisito!) e dolci introvabili in Italia (chissà perché poi!) come le splendide torte di gelatina di frutta e frutta fresca come fragole, mirtilli, ciliege, agrumi vari e via incrementando...la glicemia ovviamente!



10. E perché no? Perché al sottoscritto, fin dall'adolescenza e la gioventù spesa in campeggio, la "teutonica" è sempre piaciuta!




11. 12. 13. ... ... ...


Mi si dica pure che sono esageratamente tedeschi, burocratiprussiani afflitti da eccesso di zelo, talmente meticolosi che paradossalmente fu anche grazie ai verbali, alle schede, alle meticolose annotazioni del funzionario di turno che nei processi post-bellici ai nazisti fu possibile esprimere condanne sostenute da prove certe (...). Ma non si potrà certo negare che la Germania è troppo avanti...o siamo noi ad essere rimasti indietro nonostante le apparenze?


E infine, se penso che proprio in questi giorni Bossi blatera di scuole dialettali, test culturali ai professori (e la Gelmini è d'accordo ovviamente!), Calderoli "semplifica" proponendo e ribadendo non solo inni separati ma stipendi, ovviamente no?


Vorrei esser nato a Francoforte,
potendo scegliere quella sul Meno, ma anche fosse stata quella sull'Oder, poco importa!


Qualche foto è in arrivo.


Nota da turista 1. Non comprate acqua, vi costerebbe più della birra
Nota da turista 2. Non vorrei infierire visto quanto ho scritto pochi giorni fa ma come altre volte in altri viaggi si incrociano concittadini. Ebbene, per ben tre volte gli unici riconoscibili per la confusione, il vociare e commentare ad alta voce ed in strettissimo dialetto (a confoder le idee agli indigeni che penseranno che quello è italiano), a gridare appress 'e figlie... come solo le mamme partenopee sanno fare (...), insomma, con tipici atteggiamenti alla "facciamoci riconoscere" erano loro: napoletani probabilmente, campani sicuramente.


domenica 2 agosto 2009

Comitato nuova Pompei


Eppure mi basta poi farmi quattro sane risate con Paolantoni, Salemme, Nino Taranto o Totò e mi passa tutto...scurdammece 'o passato, simme 'e Napule paisà...
Recentemente due episodi diversissimi tra loro hanno di nuovo concentrato la mia attenzione su Napoli e la napoletanità in genere: un documentario RAI su Napoli "sotterranea" che mi ha portato a scoprire cose assolutamente sconosciute ed estremamente interessanti ed una, se pur breve, permanenza napoletana per lavoro. In entrambi i casi ciò che più mi ha colpito è stato quanto c'è intorno a quanto di Napoli è indubbiamente unico al mondo: sia che questa unicità sia positiva piuttosto che assolutamente negativa.
Napoli è bellissima, su questo non c'è dubbio. Da me conosciuta abbastanza bene fin da bambino quando ci accompagnavo mio zio che ci andava per motivi di lavoro ha sempre trovato un posto particolare nel mio immaginario. La napoletanità poi è per me da sempre motivo di interesse e piacere: dalla letteratura al teatro, al cinema, non a caso il Totò riportato e più volte citato in questo blog.
Ma ogni volta che vedo certe immagini di Napoli,      che le vivo in prima persona, ogni volta che constato il lassismo, la trascuretezza, il degrado da un minimo ad un massimo con indicatori che rasentano l'inciviltà allora mi sovvengono le parole scherzose di alcuni miei conoscenti, napoletani, emigrati per lavoro, innamoratissimi ed attaccatissimi alla loro città: "abbiamo fondato il comitato Nuova Pompei...stiamo raccogliendo adesioni".
Anche pochi giorni fa, girando per Napoli dopo il lavoro, uscendo dalle meraviglie del Centro Direzionale dove dal 22mo piano degli uffici dove lavoravo si godeva un panorama mozzafiato di Napoli e del golfo tutto.
Passeggiando per le vie del centro a pochi passi vicoli maleodoranti, complice anche la calura estiva e l'afa opprimente. Esterni di edifici ammassati l'uno sull'altro ricoperti di croste ultradecennali di assenza di manutenzione, intonaci cadenti, improbabili pensiline trasformate in balconate ultracondonate. Ingressi in città con Eurostar da 1h15' da Roma (a breve 50 minuti) e paesaggi urbani fatti di murature in blocchetti di tufo lasciati "a giorno", selciati sconnessi, ovunque disordine, improvvisazione, abbandono, squallore. Situazioni tali, dietro l'angolo di ogni strada principale del bel centro storico, da far sì che l'assenza del casco su oltre il 90 percento degli utilizzatori di motocicli sia ormai...folklore! (compreso un attempato sessantenne su un fiammante Vespone sulla tangenziale!!!). Gli edifici (se così vogliamo chiamarli) adiacenti via (Nuova) Marina e oltre, fino alla Galleria della Vittoria, sono fatiscenti a dir poco.
Ricordo ancora uno delle ultime passeggiate a Napoli nel periodo prenatalizio durante il quale l'atmosfera in questa città è unica ed inimitabile: bastava allontanarsi poche decine di metri, magari per sbaglio, dal tracciato quasi obbligato delle vie dei presepi, da via Roma, da Corso Umberto, ai 4 palazzi o dalla scintillante via Toledo per travarsi costretti a difendersi e districarsi da nugoli di motorini incuranti dei pedoni e dove l'indice di pericolo crescente lo si fiutava a naso. E sì che ho girato più tranquillo in una New York notturna e semideserta!
Questa non è Napoli e questi non sono i napoletani veri si griderà a più voci! D'accordo anche perché di napoletani ne conosco tanti, a cominciare dal mio fidatissimo barbiere! Ma allora, chi sono gli abitanti di Napoli, che per la maggioranza creano queste situazioni? Se i protagonisti della soap "Un posto al sole" sono napoletani nella fiction e non, allora quelli che ogni volta che vado a Napoli vedo io, chi sono?
Lassismo, incuria, inciviltà, e 'bbasta che c'è 'sto sole...'bbasta che c'è 'stu mare...e che due palle! E soldi a palate continuano a piovere su quella città inghiottiti, spariti nel meandri sotterranei che da secoli mettono a rischio la stabilità stessa della superficie. Perché sempre e comunque regna imperterrito il chemm'e fotte della cartaccia gettata in terra (esempio minimale e paradossale) perché tanto qualcun altro raccoglie?
Comitato Nuova Pompei. Forse non c'è neanche bisogno di formarlo. Forse basta soltanto attendere e rendersi conto che quanto ha fatto il Vesuvio allora potrebbe rifarlo. Nessuna vittima per carità. Ma un nuovo substrato dal quale ripartire da zero.
Fortunatamente questo blog è pochissimo letto altrimenti sai che putiferio potrei scatenare. 

domenica 21 giugno 2009

Che stanno a FAO?


Esiste un sito che si chiama più o meno come questo titolo, o meglio, il titolo che ho dato ne deriva diretto.http://www.chestateafao.it/
Questo sito, creato ormai diversi anni fa, non ha purtroppo avuto la diffusione che avrebbe meritato. 

Altre volte su queste pagine ho inveito contro l'inutilità e l'inettidudine di organismi come la FAO. Non mi sbagliavo e persevero imperterrito finché qualcuno non mi dimostri, fatti alla mano, che le cose non stanno così.
E puntualmente l'altro giorno la FAO, col lavoro di strapagatissimi analisti ed altrettanti consulenti, ha pubblicato i numeri: un miliardo di persone in più al limite della sopravvivenza. Un terrestre su 6 ha perennemente fame. Altro che progetto 2015, quello che pretendeva, nel 1996, di arrivare al 2015 con il numero di affamati dimezzato!!!
Non voglio certamente sostenere che loro sia la responsabilità diretta od indiretta di questa situazione ma posso senza dubbio affermare che il ruolo di organismi come questo è assolutamente inutile.

E quindi...ma che cazzo (ci) state a fa(o)?

domenica 17 maggio 2009

UNHCR


Che dire. Senza tanta amarezza o giri di parole mi trovo costretto a dare completamente ragione alle parole di 'gnazio, come scherzosamente Fiorello chiama l'attuale ministro della difesa Ignazio La Russa.





L'UNHCR (Alto commissariato ONU per i rifugiati) non conta un fico secco!

E sì! Come lui (e tanti altri) ho il canino aguzzo ed avvelenato nei confronti della maggior parte delle organizzazioni che fanno capo all'ONU, inutilità anacronistica e monumento all'inefficienza ed allo spreco per prima! E sto parlando di FAO, IPGRI, IFAD, WFP, UNHCR, e via così! Salvo l'UNICEF che sembra sia l'unica che lavori attivamente!!!
L'avevo detto non molto tempo fa e non ho certo cambiato idea. Le organizzazioni delle Nazioni Unite (perché poi con le iniziali maiuscole? mah! convenzione, abitudine...), soprattutto certe organizzazioni, non servono a nulla, non contano nulla ed il loro unico scopo è autoalimentarsi ogni anno più fameliche del precedente, con stipendi da sogno ad i propri dipendenti, dal più alto dei funzionari di classe D, ai quadri di classi P fino al più misero degli impiegati di classe G, come li definiscono loro.
Sapete qual è lo stipendio netto di un G3, una dattilografa per capirci? Oltre 3000 € al mese a cui aggiungere una serie di facilitazioni su tasse, acquisti, locazioni ed altro. Come dite? Parla almeno due lingue? Sai che sforzo. Una di base oggi giorno dovrebbero averla tutti, l'altra la quegli impiegati di lusso la imparano una volta assunta con dei corsi interni. Come dite? La stragrande maggioranza non è a tempo indeterminato ma è normalmente assunta con contratti biennali. Vero: ma di biennio in biennio vanno avanti anche vent'anni...e sapeste con che contributi pensionistici!!! Quattro soldi di marchette per pensioni da favola e una volta in pensione possono anche essere riassunti come ritired purché abbiano magari un parente che lavora in una qualsiasi altra organizzazione. Ci sono addirittura interni che pur di passare a livello P di cui uno dei prerequisiti è una laurea, si fanno un cacchio di corso universitario online con esami assistiti da tutor e poi con quell'inutile pezzo di carta, neanche, con quella stampata da pdf fanno il salto qualitativo. Dai 3000 ai 6 e finanche 7000 € mese, netti eh?
Posso anche comprendere che per la maggioranza di loro, fuori sede, lontano dal paese d'origine le spese familiari possano essere maggiori che per un residente ma innanzi tutto va detto che quel lavoro se lo sono scelto, con cura direi ma che tempo due o tre anni si adattano immediatamente alla vita fuori sede, figli compresi. Infine tra loro ci sono centinaia di locali ed ho sentito italiani impiegati di uffici delle NU con base in Italia lamentarsi della loro vita meschina! Ho personalmente conosciuto un funzionario di una grande multinazionale che già lì navigava (parliamo di diversi anni fa) intorno ai 90.000 lordi annui mettersi in aspettativa per starsene un paio d'anni comodo a fare da consulente in una delle organizzazioni su citate.
Certo non nego, e ne ho conosciute, che tra loro ci siano anche persone che credono nel loro lavoro e cercano di farlo tutti nel migliore dei modi. Una delle perle rare di queste organizzazioni è certamente il WFP, il World Food Programme, ma anche lì dentro, e lo dico per esperienza diretta, la stragrande maggioranza è una paccottiglia di fancazzisti incapaci con la faccia come il culo talmente grande da lamentarsi se fanno 41 ore anziché 40 a settimana perché una sera c'era da fare di più...e di quelle 40 almeno 10 le trascorrono in cafeteria . Così come ho esperienza diretta dell'operato, visto sia da dentro che dall'esterno, di UNHCR, IFAD e FAO). Chi ha visto all'opera i funzionari ONU in giro per il mondo con i loro fuoristrada bianchi full optional da 80.000 € sa di cosa sto parlando.
"Striscia la notizia" cazzia e fornisce di tapiro l'attorucolo che ha promesso vaccini ai poveri bambini africani e invece era tutta una promozione fasulla? E che dovrebbe fare Staffelli di fronte a certi atteggiamenti? Inondare gli edifici di tapiri?

La FAO, l'IPGRI e l'IFAD si occupano di fame nel mondo da decine di anni, la FAO da 60! E cosa hanno fatto? Z.E.R.O! L'UNHCR che a Srebrenica ha letteramente consegnato migliaia di bosniaci nella mani assassine dei serbi di Karadic e Mladic, con la complicità silenziosa degli inetti fantaccini ONU olandesi? L'ONU le cui disposizioni sanzionatorie vengono quotidianamente e continuamente ignorate e sbeffeggiate da qualsiasi paese a cui vengano applicate?
Che li chiudano tutti una buona volta!!!

venerdì 15 maggio 2009

Trasformarsi

Credo che tutti ci si trovi spesso a ripensarsi a quando si era giovani ragazzi all'inizio dell'età che conduce all'essere ciò che definiamo adulti, fin dove la memoria aiuta nei ricordi od anche nelle sensazioni che quelle immagini trasmettono. Non prima dei 20 anni, se proprio dovessimo dare un limite, del tutto arbitrario e soggettivo comunque.

E quante volte oggi, anche a distanza di decenni, ci si accorge più o meno consciamente che tutto sommato quel modo di pensare, di agire o reagire non è poi così diverso da quello che avevamo allora. Non parlo del ripensare o del ricordare ma del sentirsi dentro ancora come allora, e non in semplice senso goliardico. Tutto sommato insomma, quel che eravamo ancora siamo, nonostante i capelli bianchi e ciò vale a 30 come a 50 anni.

I lettori dotati di maggior intuito avranno forse già capito a cosa alludo. Non voglio certo dire che col passare degli anni e con l'accumulo di esperienze non si sia comunque cresciuti, maturati e trasformati in ciò che la vita ci ha permesso di essere.

Ma qui sta il punto: sono certamente trasformato rispetto ad allora ma non sono assolutamente cambiato.

Il tempo e l'esperienza ci trasformano senza cambiarci. Pensate a quando, credo sia capitato spesso a molti di voi, incontrate un vecchio compagno di classe. Con che occhio ci si guarda? Con lo stesso di allora, di quando si condivideva per anni una stessa aula, un banco magari. O, per i maschietti che non furono militesenti, v'è mai accaduto di incontrare un vecchio commilitone col quale s'è condiviso magari momenti difficili (personalmente in quei 12 mesi mi sono divertito parecchio). Stesse sensazioni, emozioni uditive e visive. Le voci sono le stesse, gli occhi ed i modi di muoversi, gesticolare, interagire anche. E' lei/lui ci si dice, la stessa/o di allora, trasformata dal tempo, non solo fisicamente come ovvio, ma non c'è cambiamento come non ce n'è in me nel modo di pormi.

E spessissimo mi sorprendo a constatare che determinate reazioni, modi di pormi con i fatti o con le persone od anche azioni, decisioni o comportamenti non sono affatto diversi da quelli che avevo a 20 anni...

E perché dovrebbero esserlo?

Quanto scritto consideratelo ancora in corso d'opera...magari lo...trasformo!!!

giovedì 7 maggio 2009

Migranti

Le migrazioni hanno interessato l'umanità così come le altre specie animali per un solo scopo: sopravvivenza. Che sia ricercata a scapito di altre popolazioni o semplicemente per maggior capacità di sostentamento offerto dai nuovi territori il risultato non cambia: sopravvivere è la parola d'ordine e con l'individuo far sopravvivere la specie (Darwin docet).

La specie umana evoluta, sociale, ha accettato le migrazioni e le integrazioni ogni qual volta avessero portato vantaggi complessivi (vedi la civiltà romana per esempio e le sue elezioni a "cittadini romani" degli abitanti delle provincie) e molto più spesso le ha respinte se minacciavano la sopravvivenza.

Ma migrare fa parte del nostro genoma.

Le moderne società umane hanno stabilito limiti territoriali per se e più spesso per altri (si vedano gli arbitrari e convenzionali confini tracciati per esempio in Africa) ed accettiamo di buon grado le migrazioni purché limitate ed utili (nonostante i ripetuti tentativi referendari ad esempio agli svizzeri degli anni '60 non è mai venuto in mente di espellere i lavoratori stranieri, in maggioranza italiani) mentre rifiutano a priori quelle considerate, a torto od a ragione, dannose, quali ad esempio quelle di migliaia di disperati e bisognosi che in cambio non danno apparentemente nulla.

Ma la cosa davvero paradossale è che causa ed effetto allo stesso tempo delle migrazioni massive da quello che ormai non è più neanche terzo ma quarto mondo, dal "sud" al "nord" del mondo come si dice (lo stesso vale per le americhe centrale e meridionale nei confronti di Stati Uniti o Canada) è che è stato lo stesso "nord" a crearne le condizioni; siamo stati "noi" con lo sfruttamento ormai trisecolare dapprima militar-coloniale e successivamente economico-coloniale (il neocolonialismo) delle risorse, dei territori, delle masse, lasciando come unica maledetta eredità le abitudini peggiori quali quelle di veder autoproclamarsi capi di stato, dittatori assoluti in stile "re sole" o tiranni sanguinari personaggi di nessuno spessore socio-politico, semplici zimbelli in mano degli occidentali.

Se da decenni il fenomeno migratorio dal "sud" al "nord" si è acuito è solo perché è peggiorata la capacità di sopravvivenza in loco delle popolazioni derelitte del mondo, quella stessa sopravvivenza che era alla base delle migrazioni che hanno portato gli ominidi a muoversi dalle savane centrali dell'Africa ai tempi di "Lucy" verso ogni parte del pianeta.

E diventa paradossale e tragico sapere che oggi esistono, solo sulla carta per chi per interesse non ne ammette l'utilizzabilità, i mezzi per consentire al "sud" di sopravvivere ottimamente con una semplice ripartizione dei beni che nulla toglierebbe ad ognuno dei ricchi abitanti del "nord".

La sperequazione assurda della logica del profitto ad ogni costo e fine a se stesso sta danneggiando qualsiasi aspetto delle comunità umane: dai tagli di forza lavoro non appena si sente odore di crisi, quando sappiamo che alternative esistono, ai tagli in termini di vite umane su scala mondiale, che sia affamando direttamente o meno le popolazioni nei loro stessi paesi o respingendo le masse migratorie che premono e spingono contro i bastioni di questa nostra "Bastiglia" che prima o poi cederà sotto i colpi di maglio della "fame".

Ma se da una parte è vero ci sono i mezzi per rendere la vita (eco)sostenibile ad ognuno dei cittadini del "sud" a casa loro, fornendo loro le condizioni affinché il migrare possa avere quasi gli stessi motivi che spingono ad esempio un italiano a spostarsi in Olanda (lavoro, studio, famiglia ma non certamente fame...la stessa che pativano i nostri migranti del dopoguerra!) è altrettanto vero che la forza lavoro che ogni anno portano i migranti è ormai pari, solo nel nostro paese, a ben il 10% del PIL: un'enormità. Ed ancora di più in altri paesi dell'area comunitaria.

Ma l'equazione socio-economica ha una semplice soluzione: se rendiamo la vita sostenibile a casa loro eviteremo le migrazioni clandestine dei disperati, il traffico di carne umana ad arricchire contrabbandieri infami e saremo noi stessi ad invitarne quei gruppi di volontari che per scelta (non costrizione da fame) decideranno di andare a lavorare all'estero a fronte, perché no, di un certo grado, dal loro e non dal nostro punto di vista,  di elevazione sociale o culturale.

domenica 19 aprile 2009

La cassa integrazione Alitalia

Da una ricca conversazione con una mia amica riporto volentieri.

1. Air France
AirFrance doveva comprare Alitalia e tra i primi fautori dell'acquisizione c'era la maggioranza degli impiegati della compagnia di bandiera, persone intelligenti e lungimiranti. Tra questi una mia amica cassa integrata quasi 50enne che dopo 27 anni di servizio s'è vista dare il benservito con collocamento in cassa integrazione per i prossimi sette anni. Lei a casa, il collega giovanotto in contratto formazione no.

Tra gli impiegati lungimiranti non si annoverano ovviamente le hostess da GF e Fattoria, gli esosi piloti (*) e, che te lo dico a fare, i sindacati tutti!!!

2. Berlusconi
Poi per non far dispetto a Bossi(**) e per favorire la combriccola industriale di amichetti suoi (altro che questione di prestigio nazionale)  Berlusconi ha cavalcato lo spot elettorale con i casini che sappiamo.

Air France alla fine è intervenuta lo stesso e, ad oggi, ha portato a casa quasi il 30 percento di Alitalia. E continuerà a crescere.

3. Cassa integrazione
Stiamo (sono soldi INPS, quindi nostri) pagando migliaia (circa 7000 ed altri 1000 in arrivo a breve) di assegni di cassa integrazione al personale Alitalia che i soliti noti hanno considerato in esubero. Sono cassa integrati di lusso, mica come quelli della Fiat che con quello che prendono non ci campano. E se sono così è perché le scelte governative hanno messo a tacere la cattiva coscienza dei politici che hanno portato questo scempio!

Tra questi cassa integrati, per esempio, quasi tutto il personale di volo di Alitalia Cargo, e parliamo di assegni di indennità di cassa integrazione da svariate migliaia di euro al mese. Indennità che pur pagate a rilento, col contagocce, alla fine arrivano ad essere praticamente quanto lo stipendio che percepivano. Che state pensando? Sbagliato! Non dovete pensare che prendono lo stipendio per starsene a casa, cosa che nessuno di loro vorrebbe fare. Pensate a chi, monoreddito, ha acceso mutui ventennali, a quelli che non sono più tanto giovani da sapersi arrangiare e tirare a campare pensando al dopo di queste sette lunghi anni. A coloro che, come la mia amica, hanno un bagaglio professionali ricchissimo ma sono troppo vecchi per essere assunti! A questo occorre pensare!

4. Assunzioni. Assunzioni?!?
Ma non è finita. Sul sito Alitalia ci sono le istruzioni per accedere alle neo selezioni del personale. Assumono? Avete capito benissimo. Ma come? Con i cassa integrati a spasso e comunque ben pagati assumono? C'è qualcosa di grottesco in tutto questo. Pagare due volte lo stesso stipendio per avere un giovane di belle speranze tutto da formare. Ma neanche nella più tragicomica sceneggiata del solito furbacchione assenteista o di chi riscuote la pensione di un morto!

E' fin troppo facile per chiunque abbia un minimo di senno capire che non ha senso tenere in cassa integrazione migliaia di persone già formate e contemporaneamente assumerne, pur considerando i costi inferiori di un contratto a termine o simili soluzioni post Biagi. Ma coloro i quali hanno senno purtroppo sanno che certe scelte nel nostro paese passano per strade che somigliano alle famose vie del signore che, in questo caso più che infinite, sono...impunite!

5. Oblio
E gli italiani non sanno nulla di tutto questo. Ora i prossimi 1000 in arrivo di cui l'INPS ha già detto di non sapere come cavolo pagarli cosa accadrà? Non c'è problema: la scuola Tronchetti-Provera insegna che basta smembrare, accorpare i poveretti sotto la nuova etichetta e poi farla fallire.

(*) lavoro in posto a due passi dalla sede del più grande sindacato piloti Alitalia. In quei giorni era tutto un via vai...di Cayenne Turbo, SLK, Hammer e via di lusso così.

(**) che aveva il terrore che Air France gli "chiudesse" Malpensa (con già Parigi e Francoforte che se ne fa Air France di quell'aeroporto?)

mercoledì 15 aprile 2009

Santo Stefano di Sessanio e la Rocca di Calascio (AQ)

Non riesco ancora a capire come la notte del terremoto il mio pensiero sia andato quasi subito a Santo Stefano di Sessanio, un meraviglioso e perfettamente conservato borgo medievale, tra i più belli d'Italia. Nel mio post precedente c'è fotografata la mia moto nella piazzetta in una fredda mattina di gennaio, allora praticamente deserta; e c'è una foto panoramica (si intravede la torre medicea) scattata dai primi versanti che salgono verso Fonte Vedica e Campo Imperatore con una tortuosissima strada di montagna.

 

Ebbene i miei timori sono stati tristemente confermati. La torre medicea è crollata giù, un amaramente ricco reportage fotografico ne rende testimonianza dolorosa.

E quel pensiero nelle ore e nei giorni successivi si andava acuendo: quel minuscolo borgo rappresentava soltanto uno tra i tanti dei minuscoli borghi che costellavano i costoni rocciosi, i contrafforti di quelle montagne oltre ai tristemente noti Onna, Preturo, San Gregorio.

E Santo Stefano di Sessanio con le sue pietre millenarie ferito a rappresentare quanto danno può fare un terremoto non correttamente prevenuto può fare ad un paese ricco come il nostro di arte e di storia come pochissimi nel mondo.

E lì vicino, pochi chilometri di curve sul fianco del massiccio montuoso, verso la Maiella rosa dei tramonti invernali che da lontano domina l'orizzone con i suoi oltre 2800 metri d'altezza, lì da presso c'è Calascio e la sua rocca millenaria: rovine di un castello che ha attratto l'attenzione degli autori di quella bellissima favola d'amore che è stato "Lady Hawke" tanto da volerne ambientare e girare il rifugio del vecchio monaco (ed molti esterni su quelle montagne). La rocca di Calascio è ancora in piedi dopo aver vibrato ancora, almeno quella.

Consola sapere che non ci sono state vittime da quelle parti ed altrettanto consola sapere che se questo borgo meraviglioso è ancora praticamente intatto lo si deve alla lungimiranza dell'imprenditore e dell'azienda che anni fa hanno ristrutturato molte delle antiche case impiegando tecniche ed aggorgimenti quanto più prossimi a quelle antisismiche concedibili in tali frangenti: rispettare cioè le antiche architetture e murature.

E quanto ha scritto Stella di recente farà molto riflettere, purtroppo solo i pochi che lo hanno letto.